mercoledì 4 luglio 2012

YAMAHA SR 500 Cafè Racer


La Yamaha SR 500 è in pratica la versione stradale della notissima XT 500 con cui condivide la meccanica anche se rivista nella erogazione.
Fu presentata negli USA nel 1975 e in Europa nel 1976.
Fino ad allora la casa di Iwata aveva prodotto soltanto motori a due tempi anche di alte prestazioni e lo studio del primo monocilindrico quattro tempi di grossa cubatura fu un vero incubo per i progettisti.
Del resto la scelta era obbligata; i biker americani stavano riscoprendo il fuoristrada e il monocilindrico era più leggero e facile dei bicilindrici inglesi.


Furono studiate più soluzioni, dalla bialbero al raffreddamento misto aria/olio ma alla fine si preferì la soluzione più semplice possibile.
Il progetto fu affidato all’Ing. Atsushi Ishiyama,
Come ricorda il responsabile dell’Ufficio Progetti Shiro Nakamura - che più tardi fu responsabile anche del progetto Xs dalla 750 Triple alla 1100 quattro – la parola d’ordine fu “facilità di guida” e soprattutto di avviamento.
Dopo che nei prototipi un collaudatore si fratturò una caviglia  nel tentativo di metterla in moto fu deciso di montare un decompressore e di curare la messa a punto per far sì che la SR partisse alla prima scalciata.
Se la meccanica era tutta nuova, per il look si scelse la via “britannica”.
L’accoppiata risultò vincente tanto che la serie SR è stata ininterrottamente in produzione fino all’inizio del nuovo millennio.
Venticinque anni di successi.
Per la sua semplicità e razionalità la SR 500 è stata fatta oggetto da molti preparatori per la realizzazione di special; tra tutti Deus, Wrenchmonkees e Totti.
La Cafè Racer che ho incontrato a Roma è uno dei migliori esempi di come si possa realizzare una moto coerente con la filosofia del costruttore, elegante e curatissima in ogni dettaglio.
Ci ho provato ma non sono riuscito a cogliere nessuna nota stonata.



Eppure si è intervenuti praticamente su tutto; restano originali solo il serbatoio, i fianchetti e il parafango posteriore.
Serbatoio e fianchetti sono stati verniciati in un inusuale e azzeccatissimo accostamento verde acqua/bianco.
Lo schema di verniciatura ricalca abbastanza fedelmente quello originale.
Poi un carburatore Dell’Orto invece del Mikuni originale, un nuovo scarico, un freno anteriore a tamburo a doppia camma, ammortizzatori posteriori,  cerchi in alluminio, codino racing, semimanubri, cruscotto in alluminio con il solo contagiri, pedane arretrate, fanalino posteriore e frecce “after market” e tante altre piccole chicche.
Il tutto amalgamato da una cura sapiente, certosina e maniacale.