La Yamaha SR 500 è in pratica la versione stradale
della notissima XT 500 con cui condivide la meccanica anche se rivista nella
erogazione.
Fu presentata negli USA nel 1975 e in Europa nel
1976.
Fino ad allora la casa di Iwata aveva prodotto
soltanto motori a due tempi anche di alte prestazioni e lo studio del primo
monocilindrico quattro tempi di grossa cubatura fu un vero incubo per i
progettisti.
Del resto la scelta era obbligata; i biker
americani stavano riscoprendo il fuoristrada e il monocilindrico era più
leggero e facile dei bicilindrici inglesi.
Furono studiate più soluzioni, dalla bialbero al
raffreddamento misto aria/olio ma alla fine si preferì la soluzione più
semplice possibile.
Il progetto fu affidato all’Ing. Atsushi Ishiyama,
Come ricorda il responsabile dell’Ufficio Progetti
Shiro Nakamura - che più tardi fu responsabile anche del progetto Xs dalla 750
Triple alla 1100 quattro – la parola d’ordine fu “facilità di guida” e
soprattutto di avviamento.
Dopo che nei prototipi un collaudatore si fratturò
una caviglia nel tentativo di metterla
in moto fu deciso di montare un decompressore e di curare la messa a punto per far
sì che la SR partisse alla prima scalciata.
Se la meccanica era tutta nuova, per il look si
scelse la via “britannica”.
L’accoppiata risultò vincente tanto che la serie
SR è stata ininterrottamente in produzione fino all’inizio del nuovo millennio.
Venticinque anni di successi.
Per la sua semplicità e razionalità la SR 500 è
stata fatta oggetto da molti preparatori per la realizzazione di special; tra
tutti Deus, Wrenchmonkees e Totti.
La Cafè Racer che ho incontrato a Roma è uno dei
migliori esempi di come si possa realizzare una moto coerente con la filosofia
del costruttore, elegante e curatissima in ogni dettaglio.
Ci ho provato ma non sono riuscito a cogliere
nessuna nota stonata.
Eppure si è intervenuti praticamente su tutto;
restano originali solo il serbatoio, i fianchetti e il parafango posteriore.
Serbatoio e fianchetti sono stati verniciati in un
inusuale e azzeccatissimo accostamento verde acqua/bianco.
Lo schema di verniciatura ricalca abbastanza
fedelmente quello originale.
Poi un carburatore Dell’Orto invece del Mikuni
originale, un nuovo scarico, un freno anteriore a tamburo a doppia camma,
ammortizzatori posteriori, cerchi in
alluminio, codino racing, semimanubri, cruscotto in alluminio con il solo
contagiri, pedane arretrate, fanalino posteriore e frecce “after market” e
tante altre piccole chicche.
Il tutto amalgamato da una cura sapiente,
certosina e maniacale.