Questo è un blog, un luogo virtuale di incontro e di scambio per cui anche una esperienza di viaggio senza la amata due ruote ci sta.
Se a qualcuno non piace...beh, ci sono altri centoquindici post su Cafe Sport e l'unico imbarazzo è quello della scelta.
OK, inizio.
Voglio fare una premessa: non sono un “viaggiatore”.
Sono un pigro, non mi piace volare, amo le piccole comodità di casa mia e le mie ritualità, detesto fare le valige e ancora di più disfarle, aborro la promiscuità dei mezzi pubblici e i pessimi caffè delle stazioni e degli aeroporti.
Preferisco muovermi in macchina o meglio ancora in moto.
Ma di questo viaggio a Praga voluto e organizzato dalla mia personale Zavorrina per il mio compleanno voglio parlarne anche per ringraziarla con tutto il mio affetto.
Praga era nei miei desideri che, come tutti i desideri che comportano più di quarantotto ore di lontananza dal mio ambiente, sarebbe con ogni probabilità rimasta desiderio.
Giustappunto.
Non è mia intenzione fare un classico report di viaggio; a me interessano le sensazioni, le emozioni, le percezioni che arrivano quando si svuota la mente, quando si elimina il filtro della razionalità.
Praga.
Stavo uscendo dalla fanciullezza e iniziando a interessarmi del mondo esterno quando la Primavera di Dubcek fu spazzata via dai tanks sovietici.
Da quelle immagini in bianco e nero trasmesse dai telegiornali è discesa in massima parte la mia idiosincrasia per le dittature di qualsiasi colore e genere.
Jan Palack è stato e in parte ancora è uno dei miei punti di riferimento.
Il suo gesto accese la mia giovanile fantasia ma il tempo mi ha insegnato che forse è più eroico combattere giorno per giorno, con o senza il fucile.
L’Eroe giovane e bello della Locomotiva di Guccini troppo spesso finisce in una vampata.
Fatemi passare l’orribile battutaccia.
Da studente avevo in camera un poster con una rondine morta e la scritta “Primavera di Praga”.
Non so che fine abbia fatto e benchè abbia cercato a lungo non sono più riuscito a trovarne uno uguale.
Peccato.
Per inciso una piccola curiosità legata al Golem: la parola "robot" è ceca e significa lavoratore.
Sono assolutamente convinto che le leggende abbiano bisogno per nascere di un ambiente fisico e culturale propizio e che lo stesso ambiente influenzi la vena narrativa di molti scrittori.
E così come cercai di capire ad Agrigento quanto e come l’ambiente avesse contribuito alla genesi del genio di Pirandello così ho sperato di trovare dove e come in Praga si sia creato l’humus per la nascita di tali leggende e per tali opere.
Leggende e opere estreme, di vita e di morte: la vita non vita del Golem, l’incompiutezza e l’angoscia esistenziale delle opere di Kafka ( identificata con Gregor Samsa, l’uomo insetto ), il pezzo in più di vita barattato con una orribile morte da Johann Faust, il già citato sacrificio di Jan Palack.
Non ci sono riuscito.
Mi sono trovato in una città bella ed armonica con una architettura che mescola il gotico al barocco all’art noveau in un insieme incredibilmente coerente e omogeneo con episodi di assoluta eccellenza.
Una città con orizzonti lontani dilatati dalle tre grandi piazze a dall’ampio alveo della Moldava.
Una città che cerca di diventare moderna a tappe forzate dopo gli anni bui del socialismo reale.
Proprio alcuni giorni fa parlavo con mia figlia di arte e bellezza; di quanto la comunione con esse possa migliorare gli uomini e farli tendere alla libertà.
A Praga arte e bellezza fanno parte del quotidiano.
Forse per questo i sovietici non sono mai riusciti del tutto a ottundere il desiderio di libertà dei Cechi.
Praga è anche la città della musica, la capitale centroeuropea del jazz e del blues.
Si suona un po’ dappertutto; sul Ponte Carlo si alternano gruppi che fanno del buon dixieland e del blues non troppo contaminato, i locali dove si suona e si beve dell’ottima birra non si contano, i teatri hanno dei programmi eccellenti.
I prossimi giorni si esibirà Carreras, tanto per fare un esempio.
Ci è capitato di andare all’Ungelt Jazz & Blues Club dove si esibiva un gruppo davvero buono.
Mezzo litro di birra e dell’ottimo blues per poco più di una quindicina di euro a cranio sono un buon affare.
Solo dopo ho scoperto che si trattava di Lubos Andrst (salto a pie’ pari la grande varietà di accenti della lingua ceca) e della sua Blues Band.
Eppure qualcosa non mi ha convinto.
Forse è stato lo stridente contrasto tra l’abbigliamento e l’atteggiamento delle donne che fanno la spesa e quello delle belle ed eleganti (secondo il loro standard) ragazze dirette al centro.
Le si incontra sui tram che chiacchierano fitto al cellulare e poi di loro in città si perde ogni traccia.
Ho letto da qualche parte che la prostituzione nella zona di Piazza San Venceslao è attività molto praticata.
Sarò uno che pensa a male?
Sì, forse.
Però il vecchio Zio Giulio ci ha insegnato che a pensar male si fa peccato ma …
Lo stesso stridente contrasto che c’è tra gli uomini con lo sguardo indecifrabile in giaccone di pelle e berretto alla Lenin e quelli in completo scuro e cranio rasato a bordo di fiammanti Mercedes e BMW.
Perfetti esemplari della nuova razza padrona, o presunta tale, uguali in tutto il mondo.
Voglio sperare per Praga e per i Cechi che i postumi del socialismo sovietico non facciano più danni del socialismo medesimo.
Ma Praga è una città magica, fondata da una strega che operava i suoi sortilegi sulla soglia di casa, “prah” in ceco, e credo possa operare la magia di salvare l’identità di un popolo.
Non ho incontrato moto a Praga se si escludono un paio di Ducati e una R1 però sono incappato in questi due derivati del Maggiolino VolksWagen.
Mostruosi.
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