Fabio Taglioni, motorista inventore del bicilindrico Ducati a L e dello strepitoso Apollo.
Giuliano Segoni, telaista di gran talento.
David Degens, motorista e assemblatore legato al mito delle Triton.
I fratelli McCandless, telaisti inventori del famoso Featherbed.
Giulio Cesare Carcano padre delle Guzzi 8V e 350 Bialbero.
Uno soltanto è stato telaista, motorista, assemblatore e tanto di più.
Sempre geniale.
Lino Tonti è una delle icone anzi l’Icona degli appassionati di moto classiche.
Ancora oggi, nei paesi anglosassoni, si usa “Tonti Frame” per definire le Guzzi serie grossa dotate di quell’autentico gioiello che è il telaio a doppia culla scomponibile creato nel 1969 e ancora oggi, a quaranta anni di distanza, utilizzato sulle California.
Ma andiamo con ordine.
Nato nel 1920, Tonti, diplomatosi perito aeronautico, entra a soli 17 anni in Benelli dove insieme a Guseppe Benelli lavora alla quattro cilindri sovralimentata.
Questa moto leggendaria aveva la distribuzione bialbero comandata dalla cascata di ingranaggi tipica delle Benelli, il raffreddamento a liquido, i cilindri inclinati in avanti, cilindrata unitaria di 62 cc, 52 CV a 10000 giri/min, compressore volumetrico comandato, sempre tramite ingranaggi, dalla trasmissione primaria, velocità oltre 230 Km/h cronometrata sulla Pesaro - Fano, con alla guida Salvatore Baronciani.
E si era nel 1939!
Si favoleggia che un macchinista fermò un treno per salvare i passeggeri, erano tempi di guerra, scambiando il sibilo della quattro cilindri per quello di un aereo in picchiata.
Nel 1957 il Conte Boselli lo vuole alla FB Mondial dove concepisce la 250 da GP e conosce Peppino Pattoni.
Queste moto non hanno avuto una gran fortuna ma hanno avuto il merito di far debuttare uno spilungone inglese di nome Mike (The Bike) Hailwood.
Il successivo progetto della Paton è una bicilindrica 250 che verrà sviluppata da Pattoni perché Tonti nel 1958 passa alla Bianchi.
Il progetto era tanto buono che Pattoni con la bicilindrica 250 conquista un terzo posto al Tourist Trophy nel 1964 con Alberto Pagani e poi, maggiotata a 500 cc, nel 1967 con Fred Stevens vince il campionato italiano battendo un certo Giacomo Agostini su MV Agusta.
Nel frattempo Tonti alla Bianchi sviluppa il progetto di una 250 bicilindrica che, almeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto competere con Benelli, MV Agusta e Ducati.
La 250 era troppo pesante per cui si decise di aumentarne l’alesaggio da 55 a 65 mm per correre nella classe 350.
L’idea fu vincente e la 350 divenne subito competitiva.
All’esordio nel 1960 a Monza con alla guida Ernesto Brambilla tenne il passo delle MV guidate da gente come Surtees e Hocking girando a un decimo di secondo dalle blasonate concorrenti.
L’anno successivo la 350 fu maggiorata ancora fino a 385, poi a 405 e infine a 425 cc per correre nella classe 500.
Tonti oltre che tecnico geniale era anche un ottimo direttore del reparto corse e sapeva scegliere i suoi piloti.
Per il campionato scelse piloti del calibro di Derek Minter, Dickie Dale, Hugh Anderson e Silvio Grassetti.
Nel 1961 Brambilla vince il campionato italiano.
In campo internazionale furono ingaggiati Bob Mc Intyre e Alistair King.
Mc Intyre fu secondo a Assen e terzo al Sachsenring.
Nel 1963, quando la Bianchi ormai agonizzava, afflitta da problemi economici, arriva Remo Venturi che ottiene il massimo appoggio dalla squadra corse.
A Modena e a Cesenatico ebbe la meglio su Hailwood su MV quattro, a Imola ebbe la meglio su Minter e Hartle, a Hockenheim fu secondo dopo la Honda quattro di Redman a 195 km/h di media, a Monza arrivò terzo.
Per Venturi Tonti costruì una 500 piena (498 cc) e una 350 con telaio in due pezzi separati e motore stressato chiamata per questo “bikini”.
Con queste moto Venturi vinse il Campionato Italiano nel 1964 nella 500 e arrivò secondo nel mondiale.
In ogni caso la sorte della Bianchi era segnata e nel 1964 Tonti andò alla Gilera dove si occupò di moto stradali.
Nel 1967 viene chiamato dalla Moto Guzzi dove ricevette l’incarico di progettare una moto veramente sportiva con pochi e semplici requisiti: 200 Kg, 200 Km/h, 5 marce.
Tonti si mise all’opera insieme ad Alcide Biotti e nel garage di casa creò quello splendido esempio di telaio a doppia culla scomponibile della V7 Sport.
La Sport fu’ una vera bomba nel panorama motociclistico dell’epoca; bassa, filante, dimostrava già all’esame visivo tutte le sue qualità: potenza, agilità e tenuta di strada granitica.
In un’epoca di ciclistiche approssimative la V7 Sport dimostrò a tutti come si faceva a far stare in strada una moto.
Mentre inglesi e giapponesi sbacchettavano e si torcevano. la Guzzi filava liscia e veloce senza la minima incertezza.
Forse il freno anteriore a tamburo da 200 mm era un tantino poco adatto ma la Casa Madre vendeva, quasi sottobanco, un kit di modifica per montare all’anteriore una coppia di dischi in ghisa da 300 mm morsi da pinze Brembo a doppio pistoncino…il massimo.
Appena uscita girò 6 secondi (!) più veloce della V7 Special utilizzata fino ad allora per i tentativi di record ( la Moto Guzzi, insieme a Mondial e Gilera aveva detto addio ai GP già dal 1957 ).
Tonti aveva regalato alla Sport tante piccole chicche, dal manubrio regolabile che con una semplice chiave a brugola poteva passare da un assetto turistico a uno prettamente sportivo al parafango posteriore ribaltabile per facilitare lo smontaggio della ruota posteriore ecc.
La moto specie nella livrea verde legnano è rimasta tatuata nell’immaginario collettivo come la moto sportiva italiana per eccellenza.
Non mi è mai capitato di vederne una parcheggiata senza un capannello di curiosi e ammiratori intorno.
Una Star.
Per la Guzzi Tonti lavora anche alla serie piccola da 350 e 500 cc apportando innovazioni come il carter tagliato orizzontalmente all’altezza dei supporti di banco e il forcellone in alluminio pressofuso, prima moto al mondo ad esserne dotata.
Studiò anche un motore a quattro cilindri sempre con lo schema a V trasversale di 90° con una inedita distribuzione a cammes in testa.
Ho l’impressione che il Dr John inventore della distribuzione DOHC della Daytona non si sia poi inventato un granchè.
Nel frattempo Tonti aveva trovato il tempo nel 1968 per creare la Linto (LINo TOnti), una bicilindrica da GP ottenuta accoppiando due motori dell’Aermacchi 250.
La prima moto in fase di sviluppo fu portata in gara nel 1968 da Alberto Pagani, Campione di grande livello proveniente dall'Aermacchi. Alberto terminò al secondo posto nel GP della Germania Est e al quarto posto nel GP d'Italia corso a Monza, dove la Linto potè sfruttare al meglio la sua elevata velocità massima. Alberto quell'anno vinse anche il Piestany International in Cecoslovacchia.
Le moto che gareggiarono nel 1969 però mostrarono una grande fragilità meccanica. Uno dei maggiori era la rottura della trasmissione primaria, e nonostante le varie modifiche ed i diversi materiali impiegati il problema non fu risolto perchè dovuto ad un errore di progettazione. Un altro problema davvero serio era costituito dalle vibrazioni, che riuscivano a danneggiare addirittura il carter motore e le saldature del telaio.La moto in ogni caso era velocissima, ma altrettanto difficile da guidare. Le moto ufficiali soffrivano di questi problemi analogamente a quelle destinate ai privati, nonostante ciò Pagani vinse in Italia dando alla moto la sua unica vittoria in un Grand Prix, mentre Jack Findlay conquistò un terzo posto nel GP della Germania Ovest.Quell'anno Gyula Marsovszky terminò con un brillante secondo posto il Campionato del Mondo, e Steve Ellis concluse al sesto posto. Il "duro" neozelandese Keith Turner vinse a Le Mans ed al Mettet Internationals, dove la sua moto fu cronometrata a 160mph (quasi 290 km/h!) sul rettilineo Mulsane, 20mph più veloce delle Norton e Matchless.
Lino Tonti ci ha lasciati, spero che ovunque sia adesso abbia un tecnigrafo e un’officina a disposizione.