La Guzzi 1000 SP II fu messa sul mercato nel 1986
in sostituzione della SP con l’intento di contrastare, nel settore delle moto
da turismo a largo raggio, le novità che Honda e soprattutto BMW stavano
proponendo alla clientela.
Rispetto alla1000 SP presentava la novità delle
teste “quadre”, un nuovo look e soprattutto la ruotina anteriore da 16”
accoppiata a dischi in acciaio in luogo di quelli in ghisa della SP.
La ruota con cerchio da 16” se da un lato
migliorava la guidabilità dall’altro dava luogo a fastidiosissimi svergolamenti
della forcella in frenata.
Dovetti
anche io confrontarmi con questo problema su una T5 che ha accompagnato
per qualche anno le mie scorribande.
Risolsi parzialmente il problema sfilando gli
steli di ben 25 mm (riguadagnando in pratica il pollice che mamma Guzzi aveva
tolto al raggio del cerchio) e alzando al massimo gli ammortizzatori per avere
quanto più carico possibile sull’avantreno.
Antonio Fracasso è uno dei miei amici di
Facebook e mi ha incuriosito una foto
della sospensione anteriore che ha postato.
Gli ho scritto chiedendo chiarimenti e altre foto
e lui, molto gentilmente, mi ha fornito il materiale fotografico e dettagli
tecnici.
Antonio è intervenuto in modo sostanziale sulle
sospensioni adottando soluzioni che a me sembrano molto interessanti e, a
quanto pare, anche estremamente funzionali.
All’anteriore ha svuotato la forcella, costruito
due massicce piastre, una sulle teste dei foderi (in funzione sia di ancoraggio
dell’ammortizzatore e sia di antisvergolamento) e una in sostituzione di quella
superiore della forcella stessa e inserendo tra le due un ammortizzatore
regolabile Koni.
Quindi ora è possibile regolare la durezza e
l’altezza della sospensione.
Una via di mezzo tra il sistema Girder e quello
Telelever che risolve e non somma i noti problemi dei due sistemi: la
complicazione costruttiva della Girder e lo scarso feeling con l’anteriore del
Telelever.
Al posteriore Antonio ha pensionato gli
ammortizzatori laterali (tanto uno lo aveva già utilizzato all’anteriore) e costruito
un sistema di leveraggi progressivi con monoammortizzatore posto sul lato
sinistro della moto.
Anche in questo caso la sospensione diventa
completamente regolabile e consente anche di variare l’altezza del retrotreno.
L’estetica della SP II è rimasta invariata se si
eccettua l’eliminazione della carenona originale, sostituita dall’ elegante
cupolino del Le Mans I e l’adozione di una strepitosa piastra portastrumenti in
alluminio ricavata dal pieno.
Ora Antonio sta lavorando alla costruzione di una
sella monoposto ricavata modificando una di quelle della Polstrada.
Un bel lavoro e una buona dose di conoscenza
tecnica.
Ho un ammortizzatore Koni che mi avanza, chissà se
Antonio sarebbe disponibile a costruire anche per me le due piastre della
forcella; farebbero una gran scena anche se la mia Penny ha il cerchio da 18”.