La Piaggio ,che era sopravvissuta alla guerra producendo aerei da combattimento, e che quindi aveva il know how e i mezzi tecnici per farlo, convertì le catene di montaggio alla produzione prima della Vespa e ,nel 1948, della “Trivespa”, in pratica una Vespa con due ruote posteriori.
Il nome fu poi cambiato in Ape per distinguerla dallo scooter e scelto per sottolinearne la parentela e la laboriosità.
Sullo chassis furono allestite varie versioni, da quella con un semplice pianale di carico a quella con tendina parasole e carrozzeria di legno per trasporto passeggeri.
La prima versione non prevedeva cabina per il guidatore e gli stessi paragambe erano di dimensioni ridotte. Non è possibile immaginare qualcosa di più spartano.
Il motore era il solito due tempi raffreddato ad aria forzata da 150 cc posto lateralmente e il cambio era a tre marce.
Si può senz’altro affermare che la ricostruzione dell’Italia sia stata affidata in buona parte ai “tre ruote” come appunto l’Ape e il motocarro Ercole della Moto Guzzi.
L’Ape nel corso dei decenni si è evoluta, ha messo su la cabina chiusa e riscaldata, il cambio a quattro marce e infine anche lo sterzo e la quarta ruota.
L’Ape Poker.
Il traffico e le mutate condizioni socio economiche hanno reso l’Ape sorpassata e la hanno relegata ad un ruolo secondario nelle sole zone rurali.
OK, dirà chi ha avuto la pazienza di leggere fin qui, che c’azzecca l’Ape con le moto e con il tuning? Beh, intanto l’Ape Cross è un cinquantino omologato come ciclomotore e poi basta guardare cosa hanno combinato dei ragazzetti prendendo come base per l’elaborazione tecnico/estetica (?) proprio quel modello.
Questi due esemplari li ho trovati parcheggiati nella piazzetta di un paesino del Montefeltro una sera d’autunno mentre ce ne andavamo a zonzo in macchina.
Ho avuto modo di chiacchierare con Gianluca, proprietario/elaboratore (neanche diciottenne) dell’Ape nera, che mi ha sciorinato una elencazione di modifiche riguardanti cilindrata portata a 130 cc, carburatori da 21, bielle speciali, marmitte Giannelli, cambio dell’Ape 400 e così via.
Di solito ho una certa dimestichezza con motori e modifiche ma confesso di essere un po’ arrugginito e disinformato sull’argomento anche perché dall’ultima volta che ho messo le mani su un cinquantino a due tempi sono passati quasi quaranta anni .
Ho rinunciato a capire e mi sono lasciato incantare dall’eloquio di uno sbarbatello che sparava fuori dati e cifre con la precisione e la competenza di un meccanico della MotoGP.
A casa ho fatto un giro su internet e ho scoperto tutto un mondo di tuner e di parti speciali e di gare dedicate all’Ape con classi e categorie specifiche.
Ho trovato foto di gente che costruisce dei prototipi straordinari come il mostro con motore Ducati 750
--che Dio gli perdoni di aver sacrificato tanta moto- che ho pescato sulla rete.
Prego però con tutto il cuore che non trasferiscano pari pari il loro particolarissimo senso estetico sulle proprie auto, quando ne avranno una.