Di solito chi compra una Ducati evita accuratamente di modificarne l’aspetto esteriore; magari cerca di potenziarne la meccanica e migliorarne la ciclistica intervenendo sulle poche cose su cui la Factory ha peccato di non eccellenza ma di sicuro non ne vuole minare l’ immediata riconoscibilità.
Per i ducatisti una Ducati non è una moto ma un modo di essere che esige un abbigliamento e un atteggiamento appropriati.
Una casta.
Ero abbastanza sicuro di ciò fino a quando non ho incontrato a Tivoli questa 749 “caferizzata”.
Ci vuole coraggio per realizzare una moto così.
Onore al merito.
Ci vuole coraggio per eliminare la carena compreso il doppio faro dallo sguardo felino e sostituirlo con un faretto tondo di derivazione custom.
Sotto il codino un porta targa aftermarket e un fanalino circolare di stile retrò.
Stesso coraggio è necessario per togliere il doppio scarico sottosella, ivi compreso il collettore, e montare un 2 in 1 ad andamento basso in acciaio inox.
Della strumentazione non v’è più traccia; neanche il solo contagiri o qualche spia.
Gli indicatori di direzione sono stati sostituiti con un bel…nulla.
Il parafango anteriore è ora molto più leggero anche se lascia esposti ai sassi e ai detriti gli steli della upside down.
Particolare cura è stata posta nel posizionamento dei cablaggi elettrici ora ben celati alla vista.
Pedane, carter coprifizione e copripignone, paracatena, serbatoi dei liquidi, vasca di recupero e tappo serbatoio sono evidentemente artigianali o derivati da altre Ducati.
Il colpo del KO è dato però dalla verniciatura, eseguita con rara maestria, in argento e rosso cupo metallizzato filettata di bianco che contrasta elegantemente con il nero dei carter motore.
Questa Ducati 749 rispetta in pieno la regola aurea delle cafè racer che prevede essenzialità nelle sovrastrutture che posteriormente devono terminare molto prima della verticale tirata dall’estremità del pneumatico, manubrio basso e moto caricata sull’avantreno.