Della Ducati Panigale si sta facendo un gran parlare, una gran bella meccanica, una ciclistica innovativa e tanto fascino.
Addio al telaio a traliccio per una struttura che sfrutta l'airbox e il motore in funzione portante.
In effetti è una gran rivoluzione in casa Ducati che negli ultimi anni, almeno sulle stradali, ha tecnicamente contato soltanto su due motori (Desmoquattro e Desmosedici), un paio di telai e una infinità di allestimenti e sovrastrutture.
Niente da dire, a Borgo Panigale sono bravissimi nel creare oggetti del desiderio e in effetti le loro macchine sono la quintessenza dell'eleganza e della sportività.
Ma tant'è.
L'idea di base della Panigale però non è nuova, anzi è vecchia di un paio di decenni.
Agli inizi degli anni '90 un neozelandese di nome John Britten creò la V1000, una moto davvero rivoluzionaria.
Il propulsore era un bicilindrico a V di 60° a doppio albero a camme in testa, quattro valvole per cilindro e trasmissione a cinghia che sviluppava, nella migliore elaborazione, 170 Cv contro i meno di 150 delle contemporanee Ducati 888 in allestimento SBK e cronometrata a 372 Km/h.
La V1000 pesava 145 Kg, più o meno quanto una contemporanea 250 monocilindrica.
Non male per una vecchietta di venti anni fa.
La vera rivoluzione della Britten V1000 era però l'assenza del telaio.
Sul motore venivano montati dei “sub frame” (uso l'anglicismo per evitare le allitterazioni) realizzati in fibra di carbonio.
Anche in questo John Britten fu antesignano.
In composito erano realizzati il supporto della sospensione anteriore a parallelogramma di tipo "Norman Hossack", i discendenti della sospensione stessa, il forcellone e il supporto sella.
La sospensione anteriore di tipo Hossack - niente a che vedere con quella della Bimota Tesi, della Elf X e delle BMW odierne - consente da un lato di ridurre le masse non sospese e dall'altro di posizionare la ruota anteriore un po' dove si vuole adattando i valori di avancorsa alle varie esigenze senza dover intervenire sulla inclinazione del cannotto di sterzo come è necessario fare nei telai classici, Panigale compresa.
La V1000 aveva anche un raffinatissima sospensione posteriore di tipo progressivo che prevedeva, oltre al già citato forcellone in carbonio, il mono ammortizzatore posto davanti al motore.
Tale collocazione fu scelta per liberare il sottosella dove erano collocati i radiatori.
Il posizionamento inusuale questi ultimi ( ripreso più tardi dalle prime Benelli della nuova gestione ) consentiva una sezione frontale davvero esigua a tutto vantaggio della penetrazione aerodinamica.
Una nota sui bellissimi e contorti scarichi della moto.
La storia della Britten V1000 finisce tragicamente nel 1995 con la morte per melanoma del suo ideatore proprio quando inziava ad affermarsi e gli ordinativi fioccavano.
Restano solo i dieci esemplari prodotti di cui uno custodito gelosamente da Roberto Crepaldi (sì, proprio quello delle CR&S Vun e Duu).
A proposito della sospensione anteriore di tipo Hossack è degna di nota quella montata sulle Moto Guzzi da Eric Willemse per le sue Swallower.
Ma di questa straordinaria Moto Guzzi parlerò un'altra volta.