21 Giugno 2009
Incredibile, piove a tratti anche questa domenica.
Giove Pluvio ha deciso che le moto e i motociclisti non gli piacciono.
Quanti buoi dovremo sacrificare affinchè qualche Dea avvenente e di buona volontà intervenga e lo "occupi" nei week end?
Sono aperte le sottoscrizioni per l'acquisto dei bovini.
In ogni caso la corsetta verso il Gran Sasso è saltata.
Trotterello senza una meta precisa per statali e provinciali con la moto al minimo e il morale sotto i tacchi.
I motociclisti che incontro vanno quasi tutti nella stessa direzione, li seguo.
Ah, ecco...c'è un motoraduno.
Barbaroscia Motoclub.
Mai sentito.
Però l'organizzazione è buona, i motociclisti sono intervenuti in buon numero: circa trecento.
Non male per un Motoclub di provincia. Motoclub più famosi reputano un successo radunarne un terzo.
Entro anch'io nel "corral".
Atmosfera distesa, moto di tutti i tipi e di tutte le cilindrate...birra e chiacchiere.
C'è un ragazzone dalla faccia allegra e pulita che si diverte a bruciare le gomme di un CBR tutto rattoppato ma dall'aria terribilmente efficace.
Lo vedrò in seguito fare il funambolo con la stessa moto e le stesse gomme.
Un tipo da tenere d'occhio.
Tante moto ma solo qualcuna veramente interessante, un Morini 175 Tresette dei primi anni '60 (raro da queste parti), un Pantah in condizioni da concorso, una Harley "low rider" nera dall'aspetto post atomico, un "trike" dalla motorizzazione sconosciuta, un raro Ducati Indiana (anche Ducati ha avuto la sua parentesi custom ), un CBR giallo dall'aria di chi va spesso per cordoli, un truce e grezzo GSX-R denudato e con mascherina Acerbis Alien.
La migliore credo sia una Suzuki GSX-F messa giù da sparo: desnuda, codone Gixer, avantreno abbassato e retrotreno rialzato, scarico fuori ordinanza e aspetto complessivamente cattivo.
Il vecchio inline four Suzuki a aria e olio con la sua alettatura fitta fitta è ancora un bel pezzo di meccanica.
Scopro poi che il proprietario è un amico di mio figlio.
Forse dovrei controllare più attentamente le attività del "pargolo" piuttosto che andarmene in giro a bighellonare in motoretta.
A cosa diavolo gli servirà il nuovo integrale che si è fatto regalare per i diciotto anni?
La moto non è ancora finita, magari quando lo sarà varrà la pena di esaminarla più a fondo.
Poi si parte per il giro turistico, il serpentone di moto è davvero impressionante.
Il frastuono anche...una sinfonia in crescendo.
Trecento moto che sgasano e tuonano da scarichi per la maggior parte difficilmente omologabili mandano in risonanza la cassa toracica e danno una idea delle trombe di Armageddon. Mi unisco per un pezzo, poi devo lasciarli a malincuore.
Non era previsto e non sono attrezzato ma l'anno prossimo ci sarò.
CHI SONO
Sono malato di moto.
Mi piacciono tutte ma preferisco quelle che hanno sacrificato qualche orpello originale o la conformità alle norme del codice della strada sull'altare dell'edonismo per l'esaltazione dell'ego del loro possessore. Moto mutilate? Non proprio.
Preferisco immaginarle, che Dio mi perdoni l'eresia, come le sculture che Michelangelo immaginava intrappolate nei blocchi di marmo. Moto liberate da quanto imposto dai diktat degli studi di marketing, dal politically correct, dalle normative ambientali, dalle regole imposte dai burocrati. Moto scostumate, irriverenti, esibizioniste, visionarie ma vere vive e pulsanti.
E senza fare distinzioni tra custom, bobber, streetfighter, racer replica ecc. ho voluto creare uno spazio virtuale in cui incontrarsi, confrontarsi, scambiarsi opinioni e sul quale proporre le proprie creazioni. Quache paludato bacchettone resterà inorridito ma ritengo che ogni prodotto dell'ingegno umano sia Cultura. Inviatemi le foto delle vostre creature e un commento sull'iter mentale e operativo che ha condotto all'evento.
Da me l'ingresso è libero.
Qualcosa su cafè sport
Mi piacciono tutte ma preferisco quelle che hanno sacrificato qualche orpello originale o la conformità alle norme del codice della strada sull'altare dell'edonismo per l'esaltazione dell'ego del loro possessore. Moto mutilate? Non proprio.
Preferisco immaginarle, che Dio mi perdoni l'eresia, come le sculture che Michelangelo immaginava intrappolate nei blocchi di marmo. Moto liberate da quanto imposto dai diktat degli studi di marketing, dal politically correct, dalle normative ambientali, dalle regole imposte dai burocrati. Moto scostumate, irriverenti, esibizioniste, visionarie ma vere vive e pulsanti.
E senza fare distinzioni tra custom, bobber, streetfighter, racer replica ecc. ho voluto creare uno spazio virtuale in cui incontrarsi, confrontarsi, scambiarsi opinioni e sul quale proporre le proprie creazioni. Quache paludato bacchettone resterà inorridito ma ritengo che ogni prodotto dell'ingegno umano sia Cultura. Inviatemi le foto delle vostre creature e un commento sull'iter mentale e operativo che ha condotto all'evento.
Da me l'ingresso è libero.
Qualcosa su cafè sport
lunedì 22 giugno 2009
lunedì 15 giugno 2009
Umbria e Reatino
14 Giugno 2009
Ci siamo, finalmente riesco a prendermi una domenica di libertà dal lavoro dai figli.
La "vecchietta" è pronta e io pure.
Di solito quello del pilota è molto più basso di quello della moto.
Evidentemente il mio limite mentale oggi è piuttosto alto e in qualche occasione mi trovo a desiderare qualche cavallo in più dei 105 della VFR.
Scavalco il famigerato “Montagnozzo” e scendo nella piana del Fucino.
Senza storia il tratto di autostrada fino a Valle del Salto e la superstrada fino a Rieti.
Il tempo splendido e la moto che fila liscia come l’olio mi mettono di buonumore, mi trovo a fischiettare e canticchiare sotto il casco una canzone di Battisti che mi si è ficcata in testa e mi accompagnerà fino al ritorno.
Imbocco la statale per Terni e faccio tappa alla Cascata delle Marmore.
C’ero già stato altre volte ma la cascata che è “a flusso controllato” era chiusa.
Finalmente posso ammirarla in tutto il suo splendore anche se per farlo bisogna sborsare cinque euro per accedere al belvedere superiore e cinque per quello inferiore.
Prossima tappa, Spoleto.
Evito la superstrada e mi ficco in una stradina tortuosa che scavalla e mi porta in Val Nerina.
La statale che percorre la valle è fatta di lunghi curvoni d’appoggio, larga e con un buon fondo.
Il terreno di caccia preferito dalla Honda.
Se la paura degli autovelox non frenasse la rotazione del polso sarebbe un tratto da fare a manetta.
Peccato!
A Spoleto il caldo è infernale e per di più tutto il centro storico è occupato da un mercatino.
Comunque il colpo d’occhio, dominato dalla splendida Rocca, è sempre da mozzare il fiato.
Mi chiedo come occupasse il tempo Lucrezia Borgia in giornate torride come queste.
Probabilmente si era fatta allestire una alcova giù al fresco, nelle segrete o preparava i suoi famosi veleni a base di arsenico, interiora putrefatte di maiale e funghi epatotossici. Posso comunque immaginare che la sua presunta perfidia e dissolutezza fossero alimentate anche dalla noja di una donna giovane e intelligente relegata nel castello, per quanto splendido, di un paesino come Spoleto, forzatamente lontana dai fasti della Roma del fratello Cesare.
Mangio qualcosa e riprendo la strada in direzione del lago di Piediluco.
Il fondo della strada è buono, le curve sono piacevoli, il traffico è scarso e la temperatura calda ma sopportabile.
Il feeling con la moto migliora ancora.
Dopo aver scavallato ecco Arrone. Un cartello dice: "uno dei borghi più belli d’Italia”.
Concordo.
Poi la strada si distende, le curve si fanno più dolci, aumento l’andatura e mi lascio cullare dal destra/sinistra fatto senza particolare impegno.
Il lago di Piediluco, piuttosto vasto, è quanto di più “lacustre” si potrebbe immaginare.
Canneti, gallinelle d’acqua e un paesaggio che a volte ricorda il grandi laghi del nord.
Peccato non ci sia una strada che ne faccia il giro.
Mi avvio verso Rieti, la strada dal fondo perfetto è un toboga di curve impegnative in saliscendi.
La piena visuale della strada spinge a forzare l’andatura che diventa davvero sostenuta.
Mi diverto davvero ma so che la "stupideria" è sempre in agguato e ho verificato quanto si pagano care le conseguenze del sentirsi sicuri e “invincibili”.
Un paio di grattate degli stivaletti sull'asfalto mi avvertono che ho superato il limite, rallento e mi godo il panorama.
Passo sotto Poggio Bustone, forse è per quello che continuo ad avere in mente la canzone di Battisti.
Ultima deviazione sulla via del ritorno la faccio verso il Lago del Salto.
Il lago è splendido davvero, c’è magia.
Mi fermo per un caffè in un bar ristorante dove sono parcheggiate le moto di un centinaio di centauri.
Mi metto in chiacchiera e il caffè diventa lungo un’ora.
Si chiacchiera di moto, di curve e di percorsi; ci si racconta.
Ricordi di strade fatte e promesse di strade da fare alla ricerca dell’itinerario perfetto, della curva perfetta o di qualsiasi altra cosa “perfetta” riempia i sogni di ogni motociclista.
Decido di fare il periplo del lago.
Il fondo non è dei migliori ma molto, molto tecnico.
Mi godo il panorama senza forzare troppo.
Trovo le indicazioni per il Santuario della SS Trinità.
Mi arrampico fino alla chiesetta dal cui sagrato si gode il panorama del lago.
Ci siamo, finalmente riesco a prendermi una domenica di libertà dal lavoro dai figli.
La "vecchietta" è pronta e io pure.
Colazione al solito bar e sono pronto a partire, mi fermo solo qualche minuto a ammirare l’infiorata del Corpus Domini che quest’anno non è male.
Mi avvio verso nord lungo la statale che percorre la Valle di Roveto, destinazione Umbria.
Il percorso fino ad Avezzano è molto tecnico, curvoni d’appoggio, tornanti e curve a raggio variabile, il fondo è ottimo e il traffico scarso.
Autovelox assolutamente assenti.
I’unico problema sono i ciclisti, viaggiano a frotte, affiancati, pericolosi.
Trovarsene un gruppo all’uscita di una curva cieca non è una esperienza gradevole.
La moto va via che è un piacere, ronfa sorniona sul filo dei cento all’ora, piena e corposa.
Capitano delle giornate in cui si crea un feeling particolare tra moto e pilota, oggi è una di queste.
Non c’è curva che mi metta in imbarazzo o nella quale entri “impiccato”.
Lascio correre la moto senza insistere più di tanto col cambio e le staccate e mi diverto.
Luca Viola nei suoi corsi di guida sicura organizzati da Motospecialart asseriva che in moto ci sono due limiti, quello fisico del mezzo e quello mentale del pilota.Mi avvio verso nord lungo la statale che percorre la Valle di Roveto, destinazione Umbria.
Il percorso fino ad Avezzano è molto tecnico, curvoni d’appoggio, tornanti e curve a raggio variabile, il fondo è ottimo e il traffico scarso.
Autovelox assolutamente assenti.
I’unico problema sono i ciclisti, viaggiano a frotte, affiancati, pericolosi.
Trovarsene un gruppo all’uscita di una curva cieca non è una esperienza gradevole.
La moto va via che è un piacere, ronfa sorniona sul filo dei cento all’ora, piena e corposa.
Capitano delle giornate in cui si crea un feeling particolare tra moto e pilota, oggi è una di queste.
Non c’è curva che mi metta in imbarazzo o nella quale entri “impiccato”.
Lascio correre la moto senza insistere più di tanto col cambio e le staccate e mi diverto.
Di solito quello del pilota è molto più basso di quello della moto.
Evidentemente il mio limite mentale oggi è piuttosto alto e in qualche occasione mi trovo a desiderare qualche cavallo in più dei 105 della VFR.
Scavalco il famigerato “Montagnozzo” e scendo nella piana del Fucino.
Senza storia il tratto di autostrada fino a Valle del Salto e la superstrada fino a Rieti.
Il tempo splendido e la moto che fila liscia come l’olio mi mettono di buonumore, mi trovo a fischiettare e canticchiare sotto il casco una canzone di Battisti che mi si è ficcata in testa e mi accompagnerà fino al ritorno.
Imbocco la statale per Terni e faccio tappa alla Cascata delle Marmore.
C’ero già stato altre volte ma la cascata che è “a flusso controllato” era chiusa.
Finalmente posso ammirarla in tutto il suo splendore anche se per farlo bisogna sborsare cinque euro per accedere al belvedere superiore e cinque per quello inferiore.
Prossima tappa, Spoleto.
Evito la superstrada e mi ficco in una stradina tortuosa che scavalla e mi porta in Val Nerina.
La statale che percorre la valle è fatta di lunghi curvoni d’appoggio, larga e con un buon fondo.
Il terreno di caccia preferito dalla Honda.
Se la paura degli autovelox non frenasse la rotazione del polso sarebbe un tratto da fare a manetta.
Peccato!
A Spoleto il caldo è infernale e per di più tutto il centro storico è occupato da un mercatino.
Comunque il colpo d’occhio, dominato dalla splendida Rocca, è sempre da mozzare il fiato.
Mi chiedo come occupasse il tempo Lucrezia Borgia in giornate torride come queste.
Probabilmente si era fatta allestire una alcova giù al fresco, nelle segrete o preparava i suoi famosi veleni a base di arsenico, interiora putrefatte di maiale e funghi epatotossici. Posso comunque immaginare che la sua presunta perfidia e dissolutezza fossero alimentate anche dalla noja di una donna giovane e intelligente relegata nel castello, per quanto splendido, di un paesino come Spoleto, forzatamente lontana dai fasti della Roma del fratello Cesare.
Mangio qualcosa e riprendo la strada in direzione del lago di Piediluco.
Il fondo della strada è buono, le curve sono piacevoli, il traffico è scarso e la temperatura calda ma sopportabile.
Il feeling con la moto migliora ancora.
Dopo aver scavallato ecco Arrone. Un cartello dice: "uno dei borghi più belli d’Italia”.
Concordo.
Poi la strada si distende, le curve si fanno più dolci, aumento l’andatura e mi lascio cullare dal destra/sinistra fatto senza particolare impegno.
Il lago di Piediluco, piuttosto vasto, è quanto di più “lacustre” si potrebbe immaginare.
Canneti, gallinelle d’acqua e un paesaggio che a volte ricorda il grandi laghi del nord.
Peccato non ci sia una strada che ne faccia il giro.
Mi avvio verso Rieti, la strada dal fondo perfetto è un toboga di curve impegnative in saliscendi.
La piena visuale della strada spinge a forzare l’andatura che diventa davvero sostenuta.
Mi diverto davvero ma so che la "stupideria" è sempre in agguato e ho verificato quanto si pagano care le conseguenze del sentirsi sicuri e “invincibili”.
Un paio di grattate degli stivaletti sull'asfalto mi avvertono che ho superato il limite, rallento e mi godo il panorama.
Passo sotto Poggio Bustone, forse è per quello che continuo ad avere in mente la canzone di Battisti.
Ultima deviazione sulla via del ritorno la faccio verso il Lago del Salto.
Il lago è splendido davvero, c’è magia.
Mi fermo per un caffè in un bar ristorante dove sono parcheggiate le moto di un centinaio di centauri.
Mi metto in chiacchiera e il caffè diventa lungo un’ora.
Si chiacchiera di moto, di curve e di percorsi; ci si racconta.
Ricordi di strade fatte e promesse di strade da fare alla ricerca dell’itinerario perfetto, della curva perfetta o di qualsiasi altra cosa “perfetta” riempia i sogni di ogni motociclista.
Decido di fare il periplo del lago.
Il fondo non è dei migliori ma molto, molto tecnico.
Mi godo il panorama senza forzare troppo.
Trovo le indicazioni per il Santuario della SS Trinità.
Mi arrampico fino alla chiesetta dal cui sagrato si gode il panorama del lago.
E’ vero, c’è magia.
E spiritualità.
Sosto a lungo, seduto sotto un albero a fumare, con i pensieri che vagano in libertà e con un senso di pace che è difficile descrivere.
Vado via a malincuore.
E spiritualità.
Sosto a lungo, seduto sotto un albero a fumare, con i pensieri che vagano in libertà e con un senso di pace che è difficile descrivere.
Vado via a malincuore.
martedì 2 giugno 2009
Ducati Pantah 854 by Orlando Fusco
Martedì 2 Giugno 2009
E piove ancora.
Avevo già pregustato una giornata tra le curve e i panorami dell’Umbria e invece devo ancora portare pazienza.
Approfitto di una schiarita per fare un salto al selvaggio Borgo natio.
Manco da tanti anni ma mi ci sento sempre a casa.
Staziono al bar in piazza chiacchierando con uno zio appena tornato come ogni anno dagli States, incontro vecchi amici, si parla di politica e di lavoro.
E’ abbastanza normale, domenica prossima si vota.
In un paese come il mio che conta ben seicento votanti ci sono addirittura tre liste per altrettanti aspiranti sindaco e la campagna elettorale è in pieno fermento, la stagione della caccia al voto è al suo culmine.
C’è anche Orlando Fusco.
Va via prima di me.
Scendendo lo incontro di nuovo davanti alla sua officina e mi fermo per dare un’occhiata alla moto che ha sostituito nelle gare la troppo preziosa Ducati 750 SS di cui ho già scritto.
Orlando non è un meccanico o un semplice pilota, è un professionista prestato alle corse per moto classiche.
O forse il contrario.
Tra un progetto e l’altro prepara le moto con cui corre.
E’ sponsor di se stesso e meccanico di se stesso, i soldi per le corse arrivano dal suo lavoro e i risultati arrivano dalla sua competenza e dalla sua passione.
Uno degli ultimi gentleman driver, una razza in via di estinzione.
Ora ne ha fatta un’altra.
La base è una Ducati Pantah 600, la capostipite di tutte le Ducati moderne e il primo bicilindrico a “L” non progettato da Taglioni ma realizzato secondo le sue linee guida.
Ovviamente è stato modificato tutto quanto era modificabile pur restando nei limiti del regolamento della FMI.
La Pantah ha vinto il trofeo FMI Endurance Classic Bike 2008 e quest’anno si presenta più agguerrita che mai anche se la stagione non è iniziata benissimo.
Non sono state apportate modifiche al telaio che è quello standard con il solo telaietto reggisella accorciato.
Immutati quindi i valori di interasse e avancorsa.
La ciclistica prevede la forcella di serie con i pompanti modificati da Orlando stesso con parti in teflon per migliorare la scorrevolezza, una coppia di ammortizzatori Bitubo regolabili al posteriore, il cerchio anteriore è in magnesio mentre il posteriore è rimasto quello di serie.
Anche il reparto frenante è quello di serie in ossequio al regolamento.
Il serbatoio è quello prodotto da mamma Ducati ma sono stati aperti due coreografici ed efficaci oblò con cornice in alluminio lucidato per il controllo rapido del livello carburante ed è stato modificato nella parte inferiore per imbarcare circa tre litri in più di benzina rispetto a quello standard. Il codone è in resina e rispetta la linea di quello originale.
Non c’è più la semicarena della stagione 2008 ma una integrale prelevata da un Ducati F1.
Anche lo scarico è stato cambiato.
Invece dei due tromboncini, uno alto e uno basso, c’è ora una coppia di scarichi cilindrici collegati a collettori che passano alti sul lato sinistro della moto.
Lo scarico basso della stagione 2008 veniva regolarmente “piallato” a ogni gara – in una delle foto si vede come finiva ridotto a testimonianza della possibilità di piega - ma a me piaceva di più.
Le vere novità però sono tutte nel motore, la cilindrata è salita a 854 cc. con l’adozione di cilindri e pistoni prodotti da Bucci di torino – la modifica ha costretto Orlando a abbassare l’alettatura lato distribuzione di 12 mm e a inventarsi una staffa esterna in alluminio per ospitare il tendicinghia – testate lavorate con condotti raccordati e lucidati, valvole maggiorate, assi a camme speciali, bielle forgiate, albero motore alleggerito e equilibrato e tutta la cura possibile nell’assemblaggio.
La cura e la passione risultano evidenti in ogni particolare – la campana della frizione sembra un pezzo di oreficeria – tutto è finalizzato alla ricerca della prestazione ma ordine e pulizia regnano sovrane, ogni particolare è pensato e realizzato con la massima cura e rifinito come solo chi ama ciò che fa sa fare.
Orlando confessa che per la prima volta in vita sua deve fare attenzione all’apertura del gas perché la Pantah va su in tutti i rapporti.
Come al solito è inutile chiedergli rilevazioni strumentali di coppia e potenza, il suo motto è sempre lo stesso: … se sto davanti agli altri va tutto bene altrimenti c’è ancora del lavoro da fare.
In bocca al lupo.
Le foto della Ducati 387 in corsa e della foto ricordo sono tratte dal sito di animaguzzista.it
Domenica 1 Maggio 2011
Tempo poco propizio per una passeggiata in moto; per una volta è meglio usare l'auto.
Mi capita di passare davanti all'officina di Orlando Fusco.
E' aperta e Orlando sta provando sul cavalletto il Pantah 854 che intanto ha continuato la sua evoluzione.
Il rombo è ovviamente assordante ma piacevolmente armonioso..."pastoso", come dice il preparatore.
La Ducati ha continuato la sua evoluzione, il serbatoio è ora in resina epossidica e presenta la solita striscia non verniciata per la verifica del livello carburante, lo scarico è diventato un due in uno a passaggio alto molto più aggraziato del due in due montato in precedenza, gli ammortizzatori sono ora dei classicissimi e efficaci Koni a doppia regolazione e i cerchi quelli a tre razze sdoppiate del Kawasaki GPZ (risparmio in peso di circa 8 kg rispetto agli originali Ducati).
Diversa la sospensione anteriore che ora ostenta degli adattatori per l'ancoraggio delle pinze.
Anche la colorazione è cambiata, passando dal rosso al grigio del Pantah factory.
La meccanica continua a essere affinata e migliorata - non per niente la 854 è la Ducati più veloce del campionato Endurance e quella che rompe meno.
E piove ancora.
Avevo già pregustato una giornata tra le curve e i panorami dell’Umbria e invece devo ancora portare pazienza.
Approfitto di una schiarita per fare un salto al selvaggio Borgo natio.
Manco da tanti anni ma mi ci sento sempre a casa.
Staziono al bar in piazza chiacchierando con uno zio appena tornato come ogni anno dagli States, incontro vecchi amici, si parla di politica e di lavoro.
E’ abbastanza normale, domenica prossima si vota.
In un paese come il mio che conta ben seicento votanti ci sono addirittura tre liste per altrettanti aspiranti sindaco e la campagna elettorale è in pieno fermento, la stagione della caccia al voto è al suo culmine.
C’è anche Orlando Fusco.
Va via prima di me.
Scendendo lo incontro di nuovo davanti alla sua officina e mi fermo per dare un’occhiata alla moto che ha sostituito nelle gare la troppo preziosa Ducati 750 SS di cui ho già scritto.
Orlando non è un meccanico o un semplice pilota, è un professionista prestato alle corse per moto classiche.
O forse il contrario.
Tra un progetto e l’altro prepara le moto con cui corre.
E’ sponsor di se stesso e meccanico di se stesso, i soldi per le corse arrivano dal suo lavoro e i risultati arrivano dalla sua competenza e dalla sua passione.
Uno degli ultimi gentleman driver, una razza in via di estinzione.
Ora ne ha fatta un’altra.
La base è una Ducati Pantah 600, la capostipite di tutte le Ducati moderne e il primo bicilindrico a “L” non progettato da Taglioni ma realizzato secondo le sue linee guida.
Ovviamente è stato modificato tutto quanto era modificabile pur restando nei limiti del regolamento della FMI.
La Pantah ha vinto il trofeo FMI Endurance Classic Bike 2008 e quest’anno si presenta più agguerrita che mai anche se la stagione non è iniziata benissimo.
Non sono state apportate modifiche al telaio che è quello standard con il solo telaietto reggisella accorciato.
Immutati quindi i valori di interasse e avancorsa.
La ciclistica prevede la forcella di serie con i pompanti modificati da Orlando stesso con parti in teflon per migliorare la scorrevolezza, una coppia di ammortizzatori Bitubo regolabili al posteriore, il cerchio anteriore è in magnesio mentre il posteriore è rimasto quello di serie.
Anche il reparto frenante è quello di serie in ossequio al regolamento.
Il serbatoio è quello prodotto da mamma Ducati ma sono stati aperti due coreografici ed efficaci oblò con cornice in alluminio lucidato per il controllo rapido del livello carburante ed è stato modificato nella parte inferiore per imbarcare circa tre litri in più di benzina rispetto a quello standard. Il codone è in resina e rispetta la linea di quello originale.
Non c’è più la semicarena della stagione 2008 ma una integrale prelevata da un Ducati F1.
Anche lo scarico è stato cambiato.
Invece dei due tromboncini, uno alto e uno basso, c’è ora una coppia di scarichi cilindrici collegati a collettori che passano alti sul lato sinistro della moto.
Lo scarico basso della stagione 2008 veniva regolarmente “piallato” a ogni gara – in una delle foto si vede come finiva ridotto a testimonianza della possibilità di piega - ma a me piaceva di più.
Le vere novità però sono tutte nel motore, la cilindrata è salita a 854 cc. con l’adozione di cilindri e pistoni prodotti da Bucci di torino – la modifica ha costretto Orlando a abbassare l’alettatura lato distribuzione di 12 mm e a inventarsi una staffa esterna in alluminio per ospitare il tendicinghia – testate lavorate con condotti raccordati e lucidati, valvole maggiorate, assi a camme speciali, bielle forgiate, albero motore alleggerito e equilibrato e tutta la cura possibile nell’assemblaggio.
La cura e la passione risultano evidenti in ogni particolare – la campana della frizione sembra un pezzo di oreficeria – tutto è finalizzato alla ricerca della prestazione ma ordine e pulizia regnano sovrane, ogni particolare è pensato e realizzato con la massima cura e rifinito come solo chi ama ciò che fa sa fare.
Orlando confessa che per la prima volta in vita sua deve fare attenzione all’apertura del gas perché la Pantah va su in tutti i rapporti.
Come al solito è inutile chiedergli rilevazioni strumentali di coppia e potenza, il suo motto è sempre lo stesso: … se sto davanti agli altri va tutto bene altrimenti c’è ancora del lavoro da fare.
In bocca al lupo.
Le foto della Ducati 387 in corsa e della foto ricordo sono tratte dal sito di animaguzzista.it
Domenica 1 Maggio 2011
Tempo poco propizio per una passeggiata in moto; per una volta è meglio usare l'auto.
Mi capita di passare davanti all'officina di Orlando Fusco.
E' aperta e Orlando sta provando sul cavalletto il Pantah 854 che intanto ha continuato la sua evoluzione.
Il rombo è ovviamente assordante ma piacevolmente armonioso..."pastoso", come dice il preparatore.
La Ducati ha continuato la sua evoluzione, il serbatoio è ora in resina epossidica e presenta la solita striscia non verniciata per la verifica del livello carburante, lo scarico è diventato un due in uno a passaggio alto molto più aggraziato del due in due montato in precedenza, gli ammortizzatori sono ora dei classicissimi e efficaci Koni a doppia regolazione e i cerchi quelli a tre razze sdoppiate del Kawasaki GPZ (risparmio in peso di circa 8 kg rispetto agli originali Ducati).
Diversa la sospensione anteriore che ora ostenta degli adattatori per l'ancoraggio delle pinze.
Anche la colorazione è cambiata, passando dal rosso al grigio del Pantah factory.
La meccanica continua a essere affinata e migliorata - non per niente la 854 è la Ducati più veloce del campionato Endurance e quella che rompe meno.
Domenica 22 Maggio 2011
Al pomeriggio mi capita di passare di nuovo davanti all'officina di Orlando.
Lo vedo che traffica con il Pantah che ha un non so che di diverso.
Mi fermo per un saluto.
La moto è in partenza per l'Endurance Classiche di Cartagena in Spagna; la gara si svolgerà in notturna e quindi la Ducati è stata equipaggiata con fanalino posteriore e coppia di fari anteriori.
I fari, di derivazione Guzzi, sono piccoli e integrati nella carena.
E' ovvio che avrei preferito una coppia di faroni esterni Hella o Cibie ma l'aerodinamica ha le sue leggi.
Orlando ha montato di nuovo lo scarico due in due a passaggio alto sul lato sinistro di qualche tempo addietro più adatto a suo avviso - non ho motivo di dubitarne - al tipo di gara che lo aspetta.
Anche il motore è stato fatto oggetto di cure accurate e ora ha raggiunto la ragguardevole cilindrata di 982 cc. e prestazioni che hanno richiesto il cambio della corona non essendoci più spazio nel carter per un pignone con più denti di quello attualmente montato.
Non c'è stato tempo per un test in pista e Orlando confida nella sua esperienza.
Mi sarebbe piaciuto accompagnarlo in Spagna ma il lavoro non mi permette digressioni.
Però gli ho dato la mini telecamera che avevo acquistato qualche tempo fa per fare delle riprese "on board".
L'autonomia dell'oggettino e di circa 90 minuti.
Vedremo cosa ne verrà fuori al suo ritorno.
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