mercoledì 4 giugno 2014

Honda 500 Four “Nostalgia 70” by Willi Alonzi

Le Honda Four, quando vennero immesse sul mercato, scatenarono le velleità velocistiche degli smanettoni dell’epoca.
Con la produzione interna limitata al massimo alle bicilindriche  quei gioiellini a quattro cilindri incastonati nei telai fecero sentire tutti un po’ Agostini.
Peccato però che quelle moto fossero state pensate e prodotte per il  mercato americano e che quindi sospensioni e assetto non erano esattamente confacenti a una guida sportiva.
Se si voleva spremere tutta la cavalleria e contrastare la fatale attrazione che inline four giapponesi mostravano in curva per i guard rail bisognava intervenire pesantemente su questi reparti.
E così forcelle, ammortizzatori, manubri, pedane, selloni e quei bellissimi quattro scarichi separati presero presto la via del bidone della spazzatura.
E’ con questa filosofia che Willi Alonzi ha affrontato il compito, a metà strada tra restauro e caferizzazione, di dare nuova vita a una 500 Four piuttosto malmessa.


La moto è stata smontata completamente, il telaio sabbiato e riverniciato, il serbatoio e i fianchetti hanno ricevuto le decal e i colori originali , i parafanghi lucidati.

Il restauro si ferma qui; tutto il resto è Cafè.
Le sospensioni anteriore e posteriore sono di derivazione Moto Guzzi: forcella Paioli davanti e Koni a doppia regolazione dietro.
Ottima scelta.
Le Guzzi avevano sì soltanto due cilindri ma quando c’era da marciare forte erano dei siluri stabili e precisi sia sul dritto che in curva.
Ovviamente nessuno di voi si è accorto che il mio cuore batte bicilindrico trasversale a 90°, vero?
Sempre da una Guzzi provengono le pinze anteriori Brembo che, mediante adattatori in alluminio, agiscono su dischi Kawasaki da 300.
I cerchi, entrambi da 18”, sono Borrani in alluminio mentre i mozzi sono quelli factory.
Dai favolosi ’70 arrivano anche i semimanubri, la strepitosa Giuliari a un posto e mezzo prodotta all’epoca espressamente per la Honda 500 Four e il 4 in 1 Marving.
Le pedane arretrate e relative piastre sono state realizzate dallo stesso Willi.
Il motore ha ricevuto una cura ricostituente a livello di valvole e cammes, i carburatori sono quelli del Kawa 900 e aspirano l’aria attraverso cornetti tipo K&N.
La strumentazione è stata ridotta al solo contagiri e non c’è traccia degli indicatori di direzione.




La moto, a mio avviso, non scimmiotta le special anni ’70 ma vuole regalare un piacere di guida che l’orgia di cavalli e le diavolerie elettroniche delle sportive attuali ci hanno fatto dimenticare.

Del resto il mio motto è sempre lo stesso: it’s more fun to ride a slow bike fast than to ride a fast bike slow.

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