E' difficile realizzare delle cafe racer su base moderna soprattutto per via dei moderni telai in alluminio ma i ragazzi di Lossa Engineering hanno fatto bene il compitino e il risultato è decisamente piacevole.
Esclusi i terminali di scarico che, pur mettendoci tutta la buona volontà, non riescono proprio a piacermi.
Questione di gusti.
Il resto invece è perfetto; cerchi, serbatoio battuto a mano in lamiera di acciaio, sella in vetroresina, faro e strumentazione.
Torniamo però alla moto che ha ispirato questo lavoro.
Il progetto KR 750 fu messo in cantiere sull'onda del successo che stavano avendo negli USA le corse delle settemmezzo derivate dalla serie.
La formula 750, anche detta F-750, velocità su pista, fu ideata e omologata dalla FIM (Federazione Internazionale del Motociclismo) come serie internazionale denominata Prix F.I.M. 750, riservata alle moto derivate dalla serie, di cilindrata inferiore a 750 cc.
La gara inaugurale venne disputata il 15 aprile 1973 sul circuito di Imola e vinta da Jarno Saarinen su Yamaha, davanti alla Ducati di Bruno Spaggiari
Per partecipare a questa formula assai promettente per i ritorni commerciali, la Kawasaki assunse Erv Kanemoto, noto per essere in grado di spremere il massimo da ogni motore.
Erv progettò intorno al tricilindrico raffreddato a liquido e curato scrupolosamente nel sistema di alimentazione, un telaio innovativo anche se largamente ispirato a quelli che Rob North aveva ideato per le Triumph Trident, rigido e leggero costituito da tubi di grosso diametro a parete sottile con gli ammortizzatori posteriori montati in posizione inclinata per una azione ammortizzante più progressiva.
Il motore della KR la Kawasaki conservava rispetto ai suoi predecessori, quelli che equipaggiavano la H1R da 500 cc e la H2R da 750 cc soltanto l’architettura con tre cilindri in linea.
Il motore era “quadro” (68 x 68 mm contro i 71 x 63 mm della H2R) e i carter uniti secondo un piano orizzontale era molto più robusto dei precedenti.
Il raffreddamento a liquido aveva risolto i problemi di raffreddamento, specialmente del cilindro centrale, migliorando in modo sostanziale l’affidabilità.
L’ammisione era regolata dal pistone e l’alimentazione era assicurata da tre Mikuni da 36 mm.
L’assenza dei pacchi lamellari, presenti sulle più dirette avversarie, come la Yamaha OW31 andava a scapito della potenza massima ma migliorava l’erogazione fin dai medi regimi.
Dote che suppliva alla inferiore potenza massima rispetto alle quattro cilindri.
Portata in gara per la prima volta alla 200 Miglia di Daytona da Gary Nixon conquistò un lusinghiero secondo posto.
Nella seconda gara, in Venezuela, Nixon si classificò primo ma la vittoria venne assegnata a tavolino a Steve Baker su Yamaha.
Per il punto perso discutibilmente in Venezuela, Nixon, dopo aver duellato per tutto il campionato con Victor Palomo, il titolo di Formula 750 fu assegnato a quest'ultimo.
La KR 750 fu costruita in meno di 20 esemplari ed è una delle più rare e ricercate dai collezionisti Kawasaki da corsa.
CARATTERISTICHE
TECNICHE:
Motore: Raffreddamento ad acqua, tre cilindri in linea, a due tempiAlesaggio x corsa: 68,0 x 68,0 mm
Cilindrata: 747cc
Potenza massima: 125 CV a 9500 giri/min.
Alimentazione: Tre Mikuni da 36 mm
Accensione: Kawasaki CDI
Cambio: 6 marce
Frizione: a secco
Telaio: doppia culla in tubi di acciaio
Sospensione anteriore: forcella Kayaba da 38 mm
Sospensione posteriore: forcellone oscillante a sezione rettangolare e doppi ammortizzatori Boge
Freno anteriori: Doppio disco in acciaio da 296 millimetri con pinze a doppio pistoncino
Freno posteriore: Disco singolo da 260 millimetri disco con pinza a due pistoncini
Peso: 140 Kg
Velocità max: oltre 300 Km/h
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