C'è stato un tempo, un miliardo di anni fa, quando ero uno studente di architettura, in cui si credeva che la ragione, la razionalità, potessero essere il toccasana per i mali del mondo.
Si sarebbero costruite “unità abitative” e città in cui l'uomo, essere sociale per definizione, avrebbe trovato la soddisfazione di tutti i sui bisogni primari e secondari.
Poi la storia è andata come è andata.
I risultati sono stati troppo spesso la “167” di Secondigliano a Napoli o il “Gallaratese” a Milano.
Quando si discuteva di tecniche costruttive si pensava al “Nuovo” evitando ogni forma di mimetismo formale definito sprezzantemente “falso storico e anacronismo costruttivo”.La spinta propulsiva verso il progresso e il rinnovamento caratteristica di quegli anni si realizzò, fortunatamente con risultati più degni, anche in campo motociclistico.
Soichiro Honda sbalordì il mondo con la 750 Four che fece invecchiare di un ventennio la produzione motociclistica mondiale e che diede il colpo di grazia alla già vacillante industria britannica.
Norton, Triumph, BSA...via, spazzati via d'un colpo.
La moto “Nuova”, efficiente ed efficace, costosa il giusto, bella affidabile e meccanicamente raffinata era realtà.
Questo valeva però per il mondo occidentale e per il Giappone.
In India probabilmente nemmeno si accorsero di quel che succedeva nel resto del mondo.
In quel Paese gli inglesi avevano trasferito nel 1950 la produzione delle Royal Enfield Bullet.
Monocilindriche, monoalbero, costruite in lega pesante, fatte per durare, sempre uguali a loro stesse fin dal 1953, anno in cui la cilindrata passò da 350 a 500.
Perchè tutto 'sto pistolotto?
Perchè un signore della Val Camonica, certo Fabrizio Di Bella, titolare della Classic Farm Motorcycles ha preso la “Bullet” e l'ha rivestita in modo da farla assomigliare in modo impressionante alla Velocette Venom.
La modifica potrebbe passare per una bieca “Operazione nostalgia” e invece forse non è così.
Non si tratta di un falso storico perchè la Bullet è regolarmente in produzione.
Non si tratta nemmeno di un anacronismo costruttivo in quanto le modifiche, al di la della loro valenza estetica, utilizzano materiali moderni e migliorano di fatto le caratteristiche ciclistiche e meccaniche della moto originale.
Dal punto di vista ciclistico l'adozione dei cerchi in alluminio, del tamburo a doppia camma all'anteriore e degli ammortizzatori ad inclinazione variabile al posteriore migliorano la guidabilità e la frenata.
Il motore, Euro 2 o Euro 3 a seconda degli allestimenti, è stato potenziato portando la cilindrata fino a 612 cc e permette di uscire dai 400 metri da fermo a oltre 190 Km/h.
Moderne bicilindriche di ispirazione classica non arrivano a tanto.
Carrozzeria in alluminio battuta a mano, pedane arretrate in alluminio sono quanto di più moderno e raffinato possa esistere.
Anche la carenatura Avon “Nosecone” è realizzata con materiali moderni.
Ma allora questa McDeeb Thruxton è vera o falsa, moderna o nostalgica?
Da un punto di vista semantico la moto è “moderna” anche se la modernità deriva dalla indiscutibile vetustà del progetto Royal Enfield; la sintassi è corretta in quanto la relazione tra le varie componenti è assolutamente perfetta; la pragmatica invece...beh, quella dice che i ragazzi di Classic Farm sono dei gran “furbacchioni” che sfruttano senza ritegno il fascino immutato della Venom e, più in generale, di tutte quelle moto rivalutate e rimpiante da una parte importante del popolo dei motociclisti che si è stancato di valangate di cavalli e chilogrammetri di coppia.
Puro esercizio tecnico senza alcuna ricerca estetica.
Puro esercizio tecnico senza alcuna ricerca estetica.
Però...
Però sapete che c'è?Dopo tutto 'sto battere sulla tastiera del piccì un giretto sulla Thruxton me lo farei volentieri.
Nessun commento:
Posta un commento