L’altro
giorno un mio amico di Facebook, Herve Coudulet, ha pubblicato la foto di una
Triumph Trident caferizzata; tre in uno,
sella monoposto, un bel Fontana da 250 a quattro ganasce, semimanubri,
strumentazione ridotta al solo contagiri, colore viola.
Ce
n’era una proprio così al mio paese, il proprietario era un tal Ferdinando che
di mestiere faceva “il pompista”.
Di
Triumph da noi non se ne sono mai viste molte, probabilmente per mancanza di un
concessionario di marca - se manca l’offerta anche la domanda langue - e così
per un bel pezzo la Trident di Ferdinando è restata l’unica tre cilindri in
circolazione.
Cominciavano
a vedersi in giro delle Honda Four, è vero, ma quelle erano tutte tanto belline
educatine e perfettine che sembravano appena uscite dal gran ballo delle
debuttanti: vestitino metallizzato, incedere elegante e voce sussurrata.
Solo più tardi avrebbero incontrato i Bikers rudi e ignoranti che le avrebbero condotte alla perdizione portandole sulla cattiva strada e a volte anche in pista.
Solo più tardi avrebbero incontrato i Bikers rudi e ignoranti che le avrebbero condotte alla perdizione portandole sulla cattiva strada e a volte anche in pista.
La
nostra T150 invece era arrivata già ignorante e scafata di suo; un po’ come la
collegiale ripetente che ha già praticato il sesso mentre le compagne di classe
ne parlano soltanto.
Sottovoce.
La Trident scostumata di Ferdinando urlava.
Urlava con il vocione rauco che solo le tricilindriche a quattro tempi con il 3 in 1 e lo scarico aperto sanno avere.
Urlava con il vocione rauco che solo le tricilindriche a quattro tempi con il 3 in 1 e lo scarico aperto sanno avere.
Io
e qualche amico coetaneo, all’epoca montati su monocilindriche nostrane, a
volte ne parliamo con un pizzico di nostalgia ricordando come ci ripromettevamo
una volta grandi di possedere una moto come quella.
Triumph Trident T150 1969 |
Madonna
mia, su… stai diventando noioso e quasi patetico con i tuoi ricordi.
OK,
OK, basta così.
Presentata
del 1968 - praticamente in contemporanea con la CB 750, la Norton Commando, e
la Kawasaki 500; la mitica Moto Guzzi 750 S con il telaio rosso sarebbe
arrivata un paio d’anni più tardi – precipitò la precedente produzione
motociclistica inglese nella preistoria.
La
Trident rappresentava il presente ma le giapponesi, Honda in testa, erano già
il futuro e la moto pur con tutti i suoi pregi non si impose sul mercato e
rappresentò il canto del cigno della storica factory.
Bert
Hopwood e Doug Hele già nei primi anni 60 avvertirono la necessità di
sostituire la Bonneville con qualcosa di più performante e proposero l’idea ad
Edward Turner, capo carismatico della Triumph, purtroppo vicino al
pensionamento che non appoggiò il progetto.
L’idea
era di aggiungere un cilindro al motore della Tiger 500 per sfruttare al
massimo le linee di produzione esistenti e minimizzare i costi di sviluppo,
mantenendo la lubrificazione a carter secco per ridurre l’ingombro in altezza
del propulsore, rinuncia alla già sperimentata distribuzione bialbero in testa per
lo stesso motivo e manovellismo a 120° per l’ottenimento di prestazioni
brillanti.
Spaccato del motore della Trident |
Triumph Trident prototipo 1965 |
La
moto non piacque.
La
nipponica CB 750 era molto più vicina ai gusti classici inglesi di quanto non
fosse l’inglesissima Trident.
Il bozzetto definitivo della OGLE Design |
Inoltre,
per quanto fosse nettamente superiore in prestazioni pure, in tenuta di strada
e qualità telaistiche, la Trident non reggeva il paragone con le giapponesi per
affidabilità e facilità d’uso.
Trafilaggi
d’olio, frequenti rotture della trasmissione primaria ( la moto conservava il
cambio separato ), la mancanza dell’avviamento elettrico, la distribuzione a
aste e bilancieri, la difficoltà di carburazione, l’accensione a puntine, i freni
a tamburo anziché a disco, la resero commercialmente perdente nei confronti della concorrenza
giapponese.
Nel
1972 la Triumph chiuse i battenti anche se per volontà del governo inglese
venne fusa con la Norton e la Villiers e continuò a produrre bicilindriche da
650 cc fino al fallimento nel 1983.
Eppure
la Trident andava forte.
La
cugina BSA Rocket 3 venne certificata dalla AMA in configurazione stock a una
velocità di quasi 211 Km/h sulle 5 miglia.
La
“Slippery Sam” vinse cinque gran premi all’isola di Man per cinque anni
consecutivi, dal 1971 al 1975.
Slippery Sam |
Romero corre per sette anni con le Triumph.
Sono suoi infatti i migliori piazzamenti della tre cilindri a Daytona (due volte secondo nel '70-'71 con pole record a più di 250km/h di media) ed è per merito suo che la Triumph si aggiudica per l'ultima volta il Grand National nel 1970.
Prima della definitiva chiusura del Reparto Corse, la Trident si aggiudica il Bol d'Or del 1970 con Smart-Dickie a Montlhery e quello dell'anno successivo (1971) a Le Mans grazie a Tait-Pickrell.
Con
la Trident gareggiano anche i nostri Walter Villa e Gianfranco Bonera e perfino
Agostini ne usa una per gli allenamenti per le gare di durata.