Le Honda Four, quando vennero immesse sul mercato,
scatenarono le velleità velocistiche degli smanettoni dell’epoca.
Con la produzione interna limitata al massimo alle
bicilindriche quei gioiellini a quattro
cilindri incastonati nei telai fecero sentire tutti un po’ Agostini.
Peccato però che quelle moto fossero state pensate
e prodotte per il mercato americano e che
quindi sospensioni e assetto non erano esattamente confacenti a una guida
sportiva.
Se si voleva spremere tutta la cavalleria e contrastare
la fatale attrazione che inline four giapponesi mostravano in curva per i guard
rail bisognava intervenire pesantemente su questi reparti.
E così forcelle, ammortizzatori, manubri, pedane,
selloni e quei bellissimi quattro scarichi separati presero presto la via del
bidone della spazzatura.
E’ con questa filosofia che Willi Alonzi ha
affrontato il compito, a metà strada tra restauro e caferizzazione, di dare
nuova vita a una 500 Four piuttosto malmessa.
La moto è stata smontata completamente, il telaio
sabbiato e riverniciato, il serbatoio e i fianchetti hanno ricevuto le decal e
i colori originali , i parafanghi lucidati.
Il restauro si ferma qui; tutto il resto è Cafè.
Le sospensioni anteriore e posteriore sono di
derivazione Moto Guzzi: forcella Paioli davanti e Koni a doppia regolazione dietro.
Ottima scelta.
Le Guzzi avevano sì soltanto due cilindri ma
quando c’era da marciare forte erano dei siluri stabili e precisi sia sul
dritto che in curva.
Ovviamente nessuno di voi si è accorto che il mio cuore batte bicilindrico trasversale a 90°, vero?
Sempre da una Guzzi provengono le pinze anteriori
Brembo che, mediante adattatori in alluminio, agiscono su dischi Kawasaki da 300.
I cerchi, entrambi da 18”, sono Borrani in
alluminio mentre i mozzi sono quelli factory.
Dai favolosi ’70 arrivano anche i semimanubri, la
strepitosa Giuliari a un posto e mezzo prodotta all’epoca espressamente per la
Honda 500 Four e il 4 in 1 Marving.
Le pedane arretrate e relative piastre sono state
realizzate dallo stesso Willi.
Il motore ha ricevuto una cura ricostituente a
livello di valvole e cammes, i carburatori sono quelli del Kawa 900 e aspirano
l’aria attraverso cornetti tipo K&N.
La strumentazione è stata ridotta al solo
contagiri e non c’è traccia degli indicatori di direzione.
La moto, a mio avviso, non scimmiotta le special
anni ’70 ma vuole regalare un piacere di guida che l’orgia di cavalli e le
diavolerie elettroniche delle sportive attuali ci hanno fatto dimenticare.
Del resto il mio motto è sempre lo stesso: it’s
more fun to ride a slow bike fast than to ride a fast bike slow.
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