CHI SONO

Sono malato di moto.

Mi piacciono tutte ma preferisco quelle che hanno sacrificato qualche orpello originale o la conformità alle norme del codice della strada sull'altare dell'edonismo per l'esaltazione dell'ego del loro possessore. Moto mutilate? Non proprio.
Preferisco immaginarle, che Dio mi perdoni l'eresia, come le sculture che Michelangelo immaginava intrappolate nei blocchi di marmo. Moto liberate da quanto imposto dai diktat degli studi di marketing, dal politically correct, dalle normative ambientali, dalle regole imposte dai burocrati. Moto scostumate, irriverenti, esibizioniste, visionarie ma vere vive e pulsanti.
E senza fare distinzioni tra custom, bobber, streetfighter, racer replica ecc. ho voluto creare uno spazio virtuale in cui incontrarsi, confrontarsi, scambiarsi opinioni e sul quale proporre le proprie creazioni. Quache paludato bacchettone resterà inorridito ma ritengo che ogni prodotto dell'ingegno umano sia Cultura. Inviatemi le foto delle vostre creature e un commento sull'iter mentale e operativo che ha condotto all'evento.
Da me l'ingresso è libero.

Qualcosa su cafè sport



domenica 5 luglio 2009

28 Giugno 2008 La "Vita in salita" Isola del Liri-Arpino

Cronoscalata, Campionato della montagna o più semplicemente Corsa in salita.
I ragazzi probabilmente non sanno neppure di cosa si tratti.
E’ una categoria “minore” di gare motociclistiche.



















Si corre su strade aperte normalmente al traffico, tra muretti e guard rail con l’unica protezione di qualche balla di paglia, senza riferimenti se non qualche segno fatto con la vernice sull’asfalto per indicare l’inizio di una staccata o per segnalare dove iniziare ad aprire il gas.
Si corre con tutto.
Moto nuove e vecchie, strani ibridi, mezzi che quando sono stati costruiti nessuno avrebbe mai pensato che avrebbero avuto un futuro nelle gare, sidecar, scooter, supermotard.
Mi piacciono le moto delle gare “minori”, mi piacciono i piloti, mi piace l’atmosfera, mi piace l’odore della miscela fatta con l’olio di ricino.
E mi piace la gara.
Pochi appuntamenti in una stagione, e corse brevi.
Dai cinque ai dieci chilometri da percorrere quasi in apnea, cercando di ricordare cosa ci sia dopo quella curva, sperando che la memoria non inganni.
Cinque o sei minuti, non di più.





























Non ci sono vie di fuga, le traiettorie devono essere pulite, la guida composta, accorta.
Eppure c’è gente che lavora un anno intero intorno alla propria motoretta per poter poi assaporare quei pochi minuti di adrenalina pura.
Le gare si tengono in tutto il territorio nazionale, bisogna fare delle lunghe trasferte se si vuol fare il campionato intero.
Si prova la domenica mattina e il pomeriggio si corre.
I box sono un gazebo piantato in un prato o direttamente sull’asfalto, Il furgone funge anche da motorhome oltre che da officina e magazzino ricambi.
Ci sono moto molto belle e curate; ce ne era una con un telaio di alluminio lucidato realizzato dal toscano Cordati, roba da mettere in una teca di cristallo e altre evidentemente adattate nel garage di casa.
La mia preferenza va ovviamente ai “vecchi cancelli”, sarò un dinosauro ma mi piaceva quando le moto erano la quintessenza dell’essenzialità, quando la carburazione doveva essere fatta a mano con l’ausilio di un vacuometro e dell’orecchio, quando un serbatoio era tale e non un airbox, quando non c’era bisogno di attaccare la presa USB della centralina a un piccì per modificare la mappatura.
E di vecchi cancelli ce ne sono in quantità.
Honda four, Benelli bicilindriche due tempi, Ducati mono, perfino un paio di Morini Corsaro.
Tra tutte spiccava una Moto Alpino 175 ( non ho la minima idea di quante ne siano state costruite ) e una Laverda 500 TT con uno splendido telaio a traliccio che a naso sembra prodotto dalla Motodd.
Anche i piloti sono spesso “d’epoca”, capelli bianchi, pancetta prominente, abbigliamento come dire…casual.
Gente che corre da una vita, che probabilmente non ha mai messo le ruote sull’asfalto di un circuito e che probabilmente non vorrebbe neanche farlo.
Eppure è un piacere per gli occhi vederli andare su con stile impeccabile, in carena, pennellando le traiettorie.
Ognuno di loro si cuce addosso la moto come vuole o come può e la adatta al proprio modo di correre.

Ricordo quando Gianni Cresta da Chieri correva, e vinceva, con una Suzuki GT 380 su cui aveva montato il manubrione da cross della SWM del fratello, correva con le gomme da pioggia ( le “rain” sarebbero arrivate dopo ) e il cambio spostato sulla destra.
Almeno per una volta la “vita in salita” è solo piacere e passione.