CHI SONO

Sono malato di moto.

Mi piacciono tutte ma preferisco quelle che hanno sacrificato qualche orpello originale o la conformità alle norme del codice della strada sull'altare dell'edonismo per l'esaltazione dell'ego del loro possessore. Moto mutilate? Non proprio.
Preferisco immaginarle, che Dio mi perdoni l'eresia, come le sculture che Michelangelo immaginava intrappolate nei blocchi di marmo. Moto liberate da quanto imposto dai diktat degli studi di marketing, dal politically correct, dalle normative ambientali, dalle regole imposte dai burocrati. Moto scostumate, irriverenti, esibizioniste, visionarie ma vere vive e pulsanti.
E senza fare distinzioni tra custom, bobber, streetfighter, racer replica ecc. ho voluto creare uno spazio virtuale in cui incontrarsi, confrontarsi, scambiarsi opinioni e sul quale proporre le proprie creazioni. Quache paludato bacchettone resterà inorridito ma ritengo che ogni prodotto dell'ingegno umano sia Cultura. Inviatemi le foto delle vostre creature e un commento sull'iter mentale e operativo che ha condotto all'evento.
Da me l'ingresso è libero.

Qualcosa su cafè sport



domenica 20 novembre 2011

Triumph Bonneville 800 "Flat Track"

Il Flat Track è una specialità agonistica statunitense che si tiene su piste ovali in terra battuta ma che non ha nulla a che fare con lo speedway a parte la pista e la totale assenza di freno anteriore.
Mentre le moto da speedway sono costruite apposta per la specialità e a volte non sembrano nemmeno delle moto, quelle da flat track hanno attinenza con quelle prodotte in serie.
Il campionato AMA flat track ha forgiato talenti, tutti noti per il loro estremo funambolismo, che si sono poi imposti anche nei GP di velocità, primo fra tutti Kenny Roberts.
La più famosa di tutte e quella che ha vinto di più credo sia la Harley Davidson XR750, apparentemente molto simile ai modelli di serie ma che in realtà montava un motore speciale riconoscibile a prima vista per la presenza di due carburatori.

Non solo Harley comunque ma anche Honda che, anche se per il solo 1980, riuscì a strappare il titolo alle fino ad allora imbattibili HD.


Anche il bicilindrico Triumph è stato a volte dignitosamente utilizzato per questo tipo di gare.
La nuova Bonneville T100 in abitino succinto da F.T. in cui mi sono imbattuto ha quindi storicamente una sua ascendenza nella specialità.

Ho anche scritto una mail al preparatore della moto per avere maggiori informazioni sulle modifiche effettuate ma non ho avuto risposta.
Mi accontento di quello che ho trovato sul sito oltre ovviamente a quanto ho potuto rilevare di persona.
Il serbatoio è quello originale ristretto di tre centimetri e verniciato in bianco e nero secondo uno schema grafico vintage.
Il codino, tipicamente da flat track, è battuto a mano secondo l’antica arte dei battilastra e porta sotto di sé il vano batteria; la sella e il sottosella sono rifiniti a mano.


Tra gli steli della forcella è piazzato un piccolo faro cromato di foggia tipicamente custom ed è sovrastato da una piastra in alluminio che porta il solo contagiri mentre la chiave di accensione è posta sotto il serbatoio sul lato sinistro e inserita in una staffa di alluminio “home made”.
Il largo manubrione è a sezione variabile.


Altri oggetti evidentemente realizzati ad hoc, come il paracatena in alluminio e le pedane, sono sparsi per tutta la moto e concorrono a rendere filante e leggera la moto.
Il carter copripignone è stato tagliato per facilitare l’accesso e rendere rapida la sostitutozione.
Le culle del telaio, i carter e i coperchi delle punterie sono stati cromati…si sa gli americani amano lo scintillio del cromo.


La forcella regolabile è Showa e l’avancorsa è stata aumentata di un centimetro e mezzo; i cerchi sono ovviamente a raggi e montano pneumatici da enduro, il disco da 320 mm prodotto dalla Ferodo è morso dalla pinza originale montata su piastre di adattamento anche esse costruite per la bisogna, non v’è ovviamente traccia di parafango anteriore.
La pompa è Brembo e il comando del gas rapido è Domino.
Al posteriore troviamo un forcellone cromato realizzato con tubi tondi della sezione di 25 mm, dotato di capriata inferiore di rinforzo.
Gli ammortizzatori sono del tipo a gas con serbatoio separato e dall’aria estremamente efficiente.
E’ stata mandata in pensione la cassa filtro e al suo posto hanno fatto la loro comparsa due bei filtri conici K&N.


Sul lato sinistro fa bella mostra di se uno scenografico e sicuramente performante scarico due in uno a passaggio alto prodotto dalla Ajko con tanto di fasciatura termica nella zona di contatto con la gamba del pilota.
Una bella griglia paracalore sarebbe stata più efficiente ma volete mettere l’essenzialità corsaiola della fasciatura?
Si tratta di una bella realizzazione coerente e evocativa che sicuramente darà delle soddisfazioni a chi vorrà usarla anche per gli sterrati leggeri dei dolci colli dei dintorni di Roma.
Affiancata alla moto c’era un’altra Bonnie preparata Cafe Racer ma di quella parleremo un’altra volta.

giovedì 10 novembre 2011

Norton Commando 961, Carlo Talamo e ... "La Suora"

L’altro giorno mentre scrivevo qualcosa sulla Special Moto Guzzi 1000 SP mi è capitato di visitare il sito della Norton.

Sapevo che avevano acquistato il glorioso marchio, avevo visto qualche foto dei prototipi ma confesso di non essermi accorto della avvenuta commercializzazione della nuova Commando.
La moto è davvero bella, segue il solco tracciato delle riedizioni in chiave moderna operate da Talamo con la Triumph Bonneville ( chi non ricorda la splendida special con telaio featherbed replica fatta costruire da Pettinari), proseguito degnamente dalla Ducati con le Sport Classic e interpretato, ahimè, alla maniera italica - leggi in tono minore e con il solito spirito sparagnino – dalla Moto Guzzi con le V7 Classic.
Niente da dire sulle nuove Norton, un telaio in tubi tondi dal disegno nitido, una forcella tradizionale ma dall’aria solida e con gli attacchi radiali per le pinze dei freni a disco, cerchi in lega a raggi, ammortizzatori laterali di qualità, sovrastrutture filanti e evocative e un bel motorone bicilindrico raffreddato ad aria con aspetto vintage ma con tecnologia moderna, prestazioni in linea con la tipologia di moto e adeguate alle aspettative della potenziale clientela.

Triton Talamo - Pettinari

Ducati Sport Classic 1000
Un gran bel lavoro.
Già, però mi era sfuggita la avvenuta commercializzazione e questo è gravissimo per chi vuole e deve vendere il proprio prodotto.
Il sito è francamente povero: notizie tecniche, poche foto, un richiamo blando al passato e poco altro.
Troppo poco.
Per carità, non sono un esperto di marketing ma sono un motociclista e come tale subisco il fascino di prodotti promossi con una strategia di comunicazione fatta come si deve.
Avete presente i caschi Davida?
La foto della ragazza con gli occhioni azzurri e la tuta di cuoio nero sulla Le Mans “full alloy” è di quelle che restano impresse.

Foto pubblicitaria Davida Helmets

E con essa il marchio promosso.
Ho già citato Talamo?
Sì.
Quando c’è da creare un  “oggetto del desiderio" il richiamo al compianto Carlo è inevitabile così come è tale il rischio di essere ripetitivo.
Ma tant’è.
Mi è capitata tra le mani una copia di Classic Bike allegata al numero 17 di Legend Bike anno 1994 con pubblicato un articolo di Talamo (all’epoca ancora stava promovendo le H.D. anche se già si occupava della resurrezione di Triumph) che presentava una special su base Harley Davidson Fat Boy.
Un articolo dal retrogusto tra il sadomaso e il “fetish” a mio avviso assolutamente geniale e che trascrivo integralmente.
Talamo ha applicato integralmete quanto enunciato nel 1947 Georges Bernanos: ...i motori di scelta della pubblicità sono semplicemente i sette vizi capitali per la ragione che è molto più facile appoggiarsi sui vizi dell'uomo che sui suoi bisogni.
C’è già stato chi ha venduto a prezzi improponibili vagonate di motociclette invendibili.
Non c’è nulla di male a prendere spunto da chi ha inventato strategie di successo.
La nuova Commando è vendibilissima; meditate, Signori della Norton, meditate.

Copertina Classic bike

La Suora … il Diavolo e l’Acquasanta.

Io ero una brava e giovanissima Fat Boy.
Me ne stavo ancora nella cassa tutta luccicante nelle mie belle cromature.
Poi quela bestia del mio padrone m’ha presa, m’ha guardata con uno sguardo che non mi piaceva affatto e io mi sono sentita meno sicura delle mie cromature e del metallizzato della mia vernice, profondo come il mare.
Ed infatti in poche ore quello m’ha fatto a pezzi.
Poi m’ha segato metà telaio.
M’ha pure accorciato le gambe anteriori e quelle posteriori cosicchè struscio per terra.
Poi il parafango davanti me l’ha rimontato dietro aiutandosi con un paio di staffe di alluminio fatte alla bell’e meglio.
E al posto del parafango anteriore s’è inventato una specie di becco di pellicano.
Ha preso il mio bel nasino cromato e rotondo e l’ha buttato via.
Ha scovato il musone arcigno di una vecchia Electra Glide e me l’ha messo su aggiungendo una visierona talmente assurda che adesso tutti mi chiamano: “La Suora”.
Io avevo anche un bel serbatoio in due pezzi che era un orgoglio, sormontato da un contachilometri cromato che tutti m’invidiavano.
Il mio padrone ha strappato via anche quello.
Poi ha preso un vecchio serbatoio tutto ammaccato di una Low Rider Custom e me l’ha piazzato su facendo gridolini di meraviglia.
Al diavolo!
Il mio manubrione alto e americano è stato buttato via e sostituito con questo scopino.
E la mia poltrona a due posti e due piani ha lasciato il posto ad un sellino che farebbe schifo a una bicicletta.
Quando cominciai a sperare che la furia del mio padrone si sarebbe fermata lui mi girò attorno con le mani curiosamente intrecciate dietro la schiena.
Gli occhi piccoli e malvagi scrutavano ogni mia parte.
“Quello che non c’è non pesa, non costa, non si rompe” mormorava.
“Voglio l’essenza” borbottava.
Io lo guardavo e a me pareva matto, invasato.
Pensai che mi avrebbe dato una martellata urlandomi “perché non parli?”.
Invece si limitò a togliermi altri pezzi come il copri cinghia di trasmissione, il blocchetto ei comandi elettrici al manubrio, il filtro dell’aria, il mio bell’impianto di scarico a due tubi.
Credo che mi avrebbe tolto anche i freni se avesse potuto.
Pensavo che avesse finito, invece mi rismontò tutta quanta e mi fece un bagno di vernice nera dappertutto.
Nero lucido, nero opaco, nero semilucido, nero raggrizzante.
Eppoi mi guardò, forse con un po’ di commozione.
Mi disse “Quanto sei bella, ti avevo immaginata proprio così. Così ti ho voluta: magra, sottile di dietro e forte, robusta, superdotata davanti”.
Chissà.
Io mi piacevo tanto così com’ero.
Lucida e cromata.
E adesso sono così cambiata…
Però gli sguardi per strada e la meraviglia degli altri motociclisti mi fanno sentire desiderata.
E soprattutto lui, il mio padrone, ogni volta che mi vede mi mangia con gli occhi.
E io so di averlo fatto felice.

Carlo Talamo - "La Suora"
Ah, dimenticavo...sulla quarta di copertina dello stessa rivista faceva bella mostra di se la reclame della Triumph Tiger: il marchio strillato, una bella foto e il messaggio: la Triumph ha dormito dieci anni. Adesso è sveglia e molto riposata.

martedì 1 novembre 2011

Gaeta, Sperlonga e Fondi - Itinerario del 1 Novembre 2011

Itinerario del 1 Novembre 2011
Quest’anno il tempo è stato clemente; siamo al primo di Novembre e ancora permette di fare una gita in moto in tutta tranquillità ache se, con ogni probabilità, sarà l’ultima prima del lungo inverno.

Stavolta esco da solo, ho smontato l’utile ma orribile bauletto e messo su l’unghia coprisella.
Per una volta la VFR sarà rigorosamente e anche esteticamente in assetto da combattimento.
La temperatura è gradevole ma andare verso i monti magari è un po’ azzardato; meglio verso il mare.
Meta: Gaeta.
Ho voglia di curve.
Per qualche mese resterò a digiuno e oggi voglio abbuffarmi.
Mi avvio di buon passo verso la Val di Comino e il Selvaggio Borgo Natio, Fontechiari.
Lo supero senza fermarmi, voglio percorrere il Tracciolino, la strada che costeggiando le Gole del Melfa, unisce Roccasecca a Casalvieri; la via più rapida per passare dalla Val di Comino alla Valle del Liri.

Il "Tracciolino"
La strada fu realizzata durante la seconda guerra mondiale per rifornire il fronte di Cassino e praticamente non ha rettilinei.
Trecentoquarantotto curve in poco più di dodici chilometri.
È stretta, teoricamente chiusa al traffico e con un fondo in condizioni scadenti ma il paesaggio è maestoso e di una bellezza selvaggia.
Un toccasana per lo spirito.
Da Roccasecca prendo la strada che porta verso il mare passando per San Giovanni Incarico e Pico.
La strada è sinuosa, larga e con un ottimo fondo.
Ci sarebbe da divertirsi se il traffico permettesse di aprire la manetta, in pratica non c’è passo carrabile, incrocio o confluenza da dove non sbuchi qualcuno non sempre rispettoso delle precedenze.
Vado via allegro ma assolutamente vigile e pronto a effettuare manovre di emergenza.
Passato il bivio per Lenola la strada si arrampica tortuosa verso i 700 metri circa del Monte Fusco con in cima il Santuario della Civita.

Da Lenola Verso il Monte Fusco
Qui non ci sono incroci e si può aprire il gas senza patemi.
Lampeggi nervosi nello specchietto; immediatamente dopo una coppia di motociclisti, uno con una Varadero e l’altro con una MV Brutale, mi fanno il pelo.
OK, se volete la guerra….scalo due marce e mi metto in caccia.
La Varadero la infilo alla prima staccata ma la Brutale è tutt’altra storia.
La VFR è un ottimo compromesso tra una sportiva e una tourer ma la MV è stata pensata e costruita per il misto stretto; riesco a tallonarla abbastanza da vicino ma di passarla non se ne parla nemmeno.
In inserimento riesco a starle alla ruota ma da metà curva in poi va via con una fluidità e una progressione disarmanti.
Troppa la differenza di cavalli e di ciclistica e il tizio che la guida sa il fatto suo.
Comunque non sfiguro, il massimo distacco sarà stato un centinaio di metri.
Arriviamo in cima in un baleno; della Varadero si è persa ogni traccia.
Mi fermo al Santuario; è il giorno di Ognissanti e almeno un Pater, Ave e Gloria va recitato.
La chiesa invita al raccoglimento e prego con tutto il cuore.
Torno sulla terrazza prospiciente la chiesa; peccato che la giornata non sia limpida altrimenti sarebbe stato possibile vedere Ischia da una parte e il Circeo dall’altra.

Dal Santuario della Madonna della Civita
Anche così però il panorama è da mozzare il fiato.
Mentre torno sulla statale, in uscita di curva, trovo del ghiaietto sulla carreggiata e la moto si intraversa; la tengo su ma la manovra d’emergenza mi provoca una fitta terribile al pollice e al polso destro.
Mi fermo e aspetto che il dolore si calmi sperando che la cosa non mi rovini la giornata.
Appena il dolore diventa tollerabile inizio a scendere verso Itri godendomi il panorama, lasciando correre la moto e smaltendo l’adrenalina dell’ ingarellamento e della sbandatona.

Itri
Da Itri a Gaeta c’è pochissima strada da fare però a velocità rigorosamente codice; ci sono autovelox dappertutto.
Gaeta è come sempre bellissima.
Parcheggio la moto e passeggio godendomi il mare e il tepore del sole.
Una sigaretta ci starebbe alla grande ma ho smesso di fumare… a volte essere virtuosi è molto faticoso; mi accontento di un caffè ma il vizio in questo momento mi manca.

Gaeta - La Rocca

Gaeta - Il Porto


Gaeta - Svorcio verso Sperlonga
Prendo di nuovo la VFR e salgo verso la Montagna Spaccata e la Grotta del Turco ma non è orario di visite e allora via verso Sperlonga.
Non voglio perdere tempo in un ristorante per cui mi accontento di un pessimo e untissimo panino con salsiccia e broccoletti comprato da un paninaro parcheggiato su una piazzola sul mare.
Finalmente Sperlonga.

Sperlonga
Questo paese arroccato sul promontorio con i suoi vicoli, le scale, gli scorci improvvisi sul mare azzurrissimo, i muri verniciati di bianco e colori pastello da sempre mi mette in pace con me stesso.

Sperlonga

Sperlonga - La spiaggia

Sperlonga - scorcio con bouganvillea

Me lo godo bighellonando su e giù per le stradine per una buona mezzora.
Ho letto da qualche parte che Fondi, un paesone vicino Sperlonga, ha un quartiere ebraico detto “La Giudea”.
Ho appena visitato il ghetto di Praga e l’idea di visitarne un altro mi stuzzica.
Il quartiere ebraico, mai definito ghetto dagli abitanti, si distingue dal resto del centro storico per tipologia edilizia e concentrazione abitativa ma mancano del tutto i riferimenti alla religione ebraica.
Neanche la “Casa degli spiriti”, la vecchia sinagoga, in Piazza dell’Olmo Perino solletica più di tanto la mia fantasia.

Fondi - Ingresso alla Giudea
Tuttavia vale assolutamente la pena di visitarlo; c’è atmosfera.
E’ ora di avviarsi verso casa, con l’ora solare fa buio prestissimo e con il calare del sole la temperatura si abbassa sensibilmente.
Mi avvio senza forzare, la stanchezza comincia a farsi sentire e il dolore al pollice si sta riacutizzando.
Da Lenola prendo verso Vallecorsa, i primi chilometri con la strada che si arrampica a picco sul mare sono uno spettacolo da non perdere.
Peccato per la foschia che oggi non è mai completamente scomparsa.
La strada fino a Castro dei Volsci è un misto veloce assai intrigante con fondo discreto; se il polso non mi facesse male sarebbe da fare belli sparati e invece mi limito a un allegretto con brio.
Il resto del percorso di rientro è senza storia.
Come prevsito sta facendo buio e inizia a far freddo.
Una giornata piacevolissima strappata all’autunno.