CHI SONO

Sono malato di moto.

Mi piacciono tutte ma preferisco quelle che hanno sacrificato qualche orpello originale o la conformità alle norme del codice della strada sull'altare dell'edonismo per l'esaltazione dell'ego del loro possessore. Moto mutilate? Non proprio.
Preferisco immaginarle, che Dio mi perdoni l'eresia, come le sculture che Michelangelo immaginava intrappolate nei blocchi di marmo. Moto liberate da quanto imposto dai diktat degli studi di marketing, dal politically correct, dalle normative ambientali, dalle regole imposte dai burocrati. Moto scostumate, irriverenti, esibizioniste, visionarie ma vere vive e pulsanti.
E senza fare distinzioni tra custom, bobber, streetfighter, racer replica ecc. ho voluto creare uno spazio virtuale in cui incontrarsi, confrontarsi, scambiarsi opinioni e sul quale proporre le proprie creazioni. Quache paludato bacchettone resterà inorridito ma ritengo che ogni prodotto dell'ingegno umano sia Cultura. Inviatemi le foto delle vostre creature e un commento sull'iter mentale e operativo che ha condotto all'evento.
Da me l'ingresso è libero.

Qualcosa su cafè sport



martedì 22 settembre 2009

Il tempo non è un granchè ma ho troppa voglia di fare una girata, magari cerco di non allontanarmi troppo. Da tempo percorrendo la A24 Roma – L’Aquila mi è venuta voglia di visitare i castelli e i borghi che si succedono uno dopo l’altro da Roma ad Avezzano. Ok, vada per la Tiburtina Valeria. Mi avvio per la Valle di Roveto sulla solita strada che conduce ad Avezzano, quella piena di ciclisti e di belle curve con fondo buono e traffico scarso. Avrei voglia di tirare un po’ il collo alla VFR ma stamani non riesco ad avere con la Honda il solito feeling. Va bene, quando non va non va, capitano le giornate no. Farò il turista. Prima tappa al Castello Piccolomini di Balsorano. Rimaneggiato in epoche successive è una delle location più gettonate per i film ambientati in epoca medioevale fino dagli anni ’30. Il titolo più famoso, che forse però sarebbe meglio tacere, è “Metti lo diavolo tuo ne lo mio inferno”. Vabbè, anche la commedia scollacciata è parte integrante della storia di questa Italietta. Continuo senza forzare sebbene la strada inviti a aprire il gas fino ad Avezzano e imbocco la Tiburtina Valeria. Il primo paese che incontro è Scurcola Marsicana. Un borgo piacevole di impianto medioevale dominato dalla Rocca Orsini e dalla chiesa della SS Trinità della madonna della Vittoria. Prendo un caffè, fumo una sigaretta e proseguo verso Tagliacozzo. Tagliacozzo è strano, sembra un paese alpino. Architetture e panorami ricordano più le valli trentine che l’Abruzzo. Questa regione, una delle più belle d’Italia è così…una sorpresa dopo l’altra. La Tiburtina Valeria è una bella strada, larga, poco trafficata, con un buon fondo e piena di motociclisti. Allungo appena un po’ il passo, passando sotto i resti del castello di S. Giovanni fino al valico di Civitella (970 slm) e comincio a scendere verso Tufo. La parte vecchia di Tufo è affacciata su uno strapiombo di roccia calcarea. Se non fosse per il colore diverso della roccia parrebbe di essere a Orvieto. La strada continua a essere meravigliosamente adatta alla moto, non apro ma mi diverto lo stesso. Supero Carsoli e devio verso Rocca di Botte, un paesino arrampicato su per una rupe e ancora più alpestre, se possibile, di Tagliacozzo. Intanto il tempo comincia a rovinarsi, cade qualche goccia ma niente di preoccupante. Dopo qualche chilometro c’è il bivio per Vivaro con i resti della Rocca Borghese. Non ho niente da fare oltre che godermi la giornata e vado per la deviazione. La strada è brutta, stretta e con l’asfalto sconnesso tra cui addirittura cresce l’erba. Procedo con cautela. Sotto Vivaro il tempo non promette niente di buono. E’ ora di rientrare. Appena imboccata la strada di prima si scatena la pioggia. Porca miseria, penso, piove ogni volta che esco e sempre in posti dove non c’è un accidenti di niente sotto cui riparasi. Apro un po’ il gas per arrivare a Carsoli prima di inzupparmi completamente. Poi il patatrac, metto la ruota davanti sull’erba che cresce tra le sconnessioni dell’asfalto e questa parte. Cerco di domare la moto che sembra un cavallo imbizzarrito ma non ci riesco e mi ritrovo ad assaggiare l’asfalto. Che siano benedetti i costruttori di abbigliamento tecnico. Se sono ancora qui a scrivere stupidaggini sul blog lo devo a loro. Ho visto per decine di metri l’asfalto scorrere a tre centimetri dai miei occhi separati da questo dalla visiera del casco. Alla fine mi fermo. La moto è con le ruote all’aria in una cunetta e io resto a terra poco più avanti cercando di capire cosa ho di rotto. Dopo qualche minuto riesco ad alzarmi. Il casco è andato, il giubbotto è a brandelli, i guanti sfondati così come gli stivaletti. Sono praticamente in bermuda, i pezzi dei jeans sono sparsi lungo cinquanta metri. Passano un paio di macchine che deviano ma evitano accuratamente di fermarsi. Alla fine una auto con due coppie giovani complete di bambini si ferma. Gentilissimi, mi danno una mano a mettere in sicurezza la moto che rischiava di incendiarsi, mi accompagnano alla Guardia Medica di Carsoli e non vanno via prima di essersi assicurati che stessi bene e in buone mani. Che Dio li benedica. Al pronto soccorso fanno la conta dei danni: ematomi al pollice e all’alluce destri (dolorosissimi), contusioni alla spalla e emitorace sinistri e all’anca destra, abrasioni estese al ginocchio e all’anca sinistri ma niente di rotto. Quando starò meglio andrò a dare una occhiata alla moto che un carro attrezzi ha provveduto a portare presso una officina. Dalle foto che ha fatto mio fratello sembra che tutto sommato stia meglio di me. Però il giro della Sicilia che avevo progettato ormai è sfumato. Che sfiga!