CHI SONO

Sono malato di moto.

Mi piacciono tutte ma preferisco quelle che hanno sacrificato qualche orpello originale o la conformità alle norme del codice della strada sull'altare dell'edonismo per l'esaltazione dell'ego del loro possessore. Moto mutilate? Non proprio.
Preferisco immaginarle, che Dio mi perdoni l'eresia, come le sculture che Michelangelo immaginava intrappolate nei blocchi di marmo. Moto liberate da quanto imposto dai diktat degli studi di marketing, dal politically correct, dalle normative ambientali, dalle regole imposte dai burocrati. Moto scostumate, irriverenti, esibizioniste, visionarie ma vere vive e pulsanti.
E senza fare distinzioni tra custom, bobber, streetfighter, racer replica ecc. ho voluto creare uno spazio virtuale in cui incontrarsi, confrontarsi, scambiarsi opinioni e sul quale proporre le proprie creazioni. Quache paludato bacchettone resterà inorridito ma ritengo che ogni prodotto dell'ingegno umano sia Cultura. Inviatemi le foto delle vostre creature e un commento sull'iter mentale e operativo che ha condotto all'evento.
Da me l'ingresso è libero.

Qualcosa su cafè sport



giovedì 24 maggio 2012

DUCATI 749 Cafè Racer

Di solito chi compra una Ducati evita accuratamente di modificarne l’aspetto esteriore; magari cerca di potenziarne la meccanica e migliorarne la ciclistica intervenendo sulle poche cose su cui la Factory ha peccato di non eccellenza ma di sicuro non ne vuole minare l’ immediata riconoscibilità.

Per i ducatisti una Ducati non è una moto ma un modo di essere che esige un abbigliamento e un atteggiamento appropriati.
Una casta.
Ero abbastanza sicuro di ciò fino a quando non ho incontrato a Tivoli questa 749 “caferizzata”.
Ci vuole coraggio per realizzare una moto così.
Onore al merito.
Ci vuole coraggio per eliminare la carena compreso il doppio faro dallo sguardo felino e sostituirlo con un faretto tondo di derivazione custom.

Ci vuole coraggio per buttare alle ortiche il codone e sostituirlo con il codino di una qualche moto racing anni ’70 – una MV Agusta o una Yamaha - sorretto da un telaietto “minimal” che di fatto accorcia la carrozzeria di qualche decina di centimetri lasciando in bella evidenza il gommolone posteriore e il sontuoso mono Ohlins.
Sotto il codino un porta targa aftermarket e un fanalino circolare di stile retrò.
Stesso coraggio è necessario per togliere il doppio scarico sottosella, ivi compreso il collettore, e montare un 2 in 1 ad andamento basso in acciaio inox.

Della strumentazione non v’è più traccia; neanche il solo contagiri o qualche spia.
Gli indicatori di direzione sono stati sostituiti con un bel…nulla.

Il parafango anteriore è ora molto più leggero anche se lascia esposti ai sassi e ai detriti gli steli della upside down.
Particolare cura è stata posta nel posizionamento dei cablaggi elettrici ora ben celati alla vista.
Pedane, carter coprifizione e copripignone, paracatena, serbatoi dei liquidi, vasca di recupero e tappo serbatoio sono evidentemente artigianali o derivati da altre Ducati.

Il colpo del KO è dato però dalla verniciatura, eseguita con rara maestria, in argento e rosso cupo metallizzato filettata di bianco che contrasta elegantemente con il nero dei carter motore.
Questa Ducati 749 rispetta in pieno la regola aurea delle cafè racer che prevede essenzialità nelle sovrastrutture che posteriormente devono terminare molto prima della verticale tirata dall’estremità del pneumatico, manubrio basso e moto caricata sull’avantreno.