CHI SONO

Sono malato di moto.

Mi piacciono tutte ma preferisco quelle che hanno sacrificato qualche orpello originale o la conformità alle norme del codice della strada sull'altare dell'edonismo per l'esaltazione dell'ego del loro possessore. Moto mutilate? Non proprio.
Preferisco immaginarle, che Dio mi perdoni l'eresia, come le sculture che Michelangelo immaginava intrappolate nei blocchi di marmo. Moto liberate da quanto imposto dai diktat degli studi di marketing, dal politically correct, dalle normative ambientali, dalle regole imposte dai burocrati. Moto scostumate, irriverenti, esibizioniste, visionarie ma vere vive e pulsanti.
E senza fare distinzioni tra custom, bobber, streetfighter, racer replica ecc. ho voluto creare uno spazio virtuale in cui incontrarsi, confrontarsi, scambiarsi opinioni e sul quale proporre le proprie creazioni. Quache paludato bacchettone resterà inorridito ma ritengo che ogni prodotto dell'ingegno umano sia Cultura. Inviatemi le foto delle vostre creature e un commento sull'iter mentale e operativo che ha condotto all'evento.
Da me l'ingresso è libero.

Qualcosa su cafè sport



martedì 15 febbraio 2011

Bimota KB1 by Giuseppe Battisti

La BIMOTA è una factory motociclistica con sede a Rimini e fondata nel 1966 da Bianchi, Morri e Tamburini dal cui acronimo nasce la sigla.
Le prime moto prodotte dalla Bimota uscirono dalle catene di montaggio nel 1975.
Primo modello in assoluto fu la HB1 (Honda Bimota 1).
Su, ragazzo, se volessimo conoscere la storia della Bimota ci basta andare su Wikipedia e troviamo tutto quel che ci occorre…taglia corto.
OK, OK…veniamo al sodo.
Ricordate Giuseppe Battisti, quello della Honda 500 Four azzurra di cui parlai tempo addietro?
Beh, ne sta facendo un’altra delle sue.
Sotto le sue mani stavolta è finita una KB1.
Qualcosa sulla KB1 me la fate dire?











Fu presentata al Motor Show di Milano nel 1977, e prodotta dal 1978 fino al 1982.
Il propulsore era il quattro in linea del Kawasaki Z1000 con 84 Cv e una velocità di punta di poco superiore ai 230 Km/h e un peso a secco di soli 193 Kg.
Il telaio era perimetrale in tubi al Cr/Mo e il forcellone era misto in tubi e lamiera scatolata.
Ne furono costruite 827 di cui solo 16 come moto complete e le restanti sotto forma di kit.
A volte chi comprava una KB1 acquistava anche un kit per l’uso in pista.
A Giuseppe sono state affidate una moto completa per una revisione generale e un telaio da pista per la costruzione di un’altra moto.
Solo il telaio e niente altro.
Della moto completa c’è poco da dire, è splendida.
La mano di Massimo Tamburini è stata come sempre felice.
Non ho resistito e le sono salito in sella, mi sono incastrato nel piccolissimo spazio e, nonostante non abbia esattamente un fisico da fantino, ho trovato tutti comandi al posto giusto.
Evidentemente il triangolo ergonomico manubrio/sella/pedane è stato fatto oggetto di uno studio approfondito.
Per carità, non si tratta certamente di una moto da passeggio ma è sicuramente molto più comoda di tante supersportive della sua epoca.
La moto è priva di carena e personalmente spero che non venga rimontata, nascondere lo splendido telaio che abbraccia stretto il motorone Kawasaki sarebbe un delitto.
Ma quel che mi interessa di più è la moto in costruzione.
Giuseppe è un tecnico di razza ma non solo questo.
E’ un esteta.
Non c’è un solo particolare che non sia stato curato meticolosamente nell’assemblaggio e nella finitura.
La forcella anteriore è abbracciata da due ipertrofiche piastre in alluminio tirato a specchio.



Le pinze Brembo sono fissate agli attacchi originali dei gambali (anch’ essi lucidati a specchio) mediante adattatori realizzati come solo chi ama davvero il suo lavoro sa fare.
Piastre, adattatori e forcellone sono opera di Vittorio Mancini che li ha realizzati su specifiche di Giuseppe.
Giuseppe ha studiato, e Vittorio realizzato, anche un sistema per variare la lunghezza degli ammortizzatori Koni; se avete la pazienza di andare a guardare con attenzione le foto della 500 Four azzurra di Giuseppe vi renderete conto di cosa parlo.
Credo che anche gli ammortizzatori di Penny (la mia costruenda Guzzi) finiranno nell’officina di Vittorio.
La cura del particolare traspare dallo sdoppiatore del comando dei freni anteriori, dalla verniciatura del motore ( quello del Kawasaki Z1 900 ), dal trattamento dei carter, dal bocchettone del rifornimento – anche esso ricavato dal pieno e realizzato ad hoc.
Serbatoio e codone sono delle ottime repliche in vetroresina.



Aspetto di vedere che carburatori verranno montati ma, conoscendo Giuseppe, con ogni probabilità si tratterà di una batteria di Keihin CR.
Lo scarico sarà quasi sicuramente un 4 in 1 Marving.
I lavori sono momentaneamente bloccati a causa della difficoltà a reperire i cerchi originali - la KB1 montava dei cerchi in lega con disegno a stella a 5 punte o, in alternativa, dei sei razze in elektron.
Il risultato sarà senza dubbio eclatante.
Ogni particolare o componente appare come parte di un progetto unitario dove niente è lasciato al caso o all’improvvisazione.
E’ evidente come la moto sia già perfettamente definita in ogni dettaglio nella mente di Giuseppe.
Non c’è traccia nell’ordinatissima officina di schizzi, bozzetti, progetti o altro.
Ah, per inciso, nessuno di loro vive di moto; per mangiare fanno altro.
Tutto viene realizzato nel poco tempo libero.
Questa è solo competenza e passione.