CHI SONO

Sono malato di moto.

Mi piacciono tutte ma preferisco quelle che hanno sacrificato qualche orpello originale o la conformità alle norme del codice della strada sull'altare dell'edonismo per l'esaltazione dell'ego del loro possessore. Moto mutilate? Non proprio.
Preferisco immaginarle, che Dio mi perdoni l'eresia, come le sculture che Michelangelo immaginava intrappolate nei blocchi di marmo. Moto liberate da quanto imposto dai diktat degli studi di marketing, dal politically correct, dalle normative ambientali, dalle regole imposte dai burocrati. Moto scostumate, irriverenti, esibizioniste, visionarie ma vere vive e pulsanti.
E senza fare distinzioni tra custom, bobber, streetfighter, racer replica ecc. ho voluto creare uno spazio virtuale in cui incontrarsi, confrontarsi, scambiarsi opinioni e sul quale proporre le proprie creazioni. Quache paludato bacchettone resterà inorridito ma ritengo che ogni prodotto dell'ingegno umano sia Cultura. Inviatemi le foto delle vostre creature e un commento sull'iter mentale e operativo che ha condotto all'evento.
Da me l'ingresso è libero.

Qualcosa su cafè sport



giovedì 31 gennaio 2013

KAWSAKI KR 750 e KR 750 Replica by Lossa Engineering

L'occasione per parlare un po' della Kawasaki KR750 nasce dalla realizzazione da parte della Lossa Engineering di una special su base Z1000 ispirata alla moto progettata da Erv Kanemoto e portata in pista dal leggendario Gary Nixon.
E' difficile realizzare delle cafe racer su base moderna soprattutto per via dei moderni telai in alluminio ma i ragazzi di Lossa Engineering hanno fatto bene il compitino e il risultato è decisamente piacevole.
Esclusi i terminali di scarico che, pur mettendoci tutta la buona volontà, non riescono proprio a piacermi.
Questione di gusti.




Il resto invece è perfetto; cerchi, serbatoio battuto a mano in lamiera di acciaio, sella in vetroresina, faro e strumentazione.
Torniamo però alla moto che ha ispirato questo lavoro.
Il progetto KR 750 fu messo in cantiere sull'onda del successo che stavano avendo negli USA  le corse delle settemmezzo derivate dalla serie.
La formula 750, anche detta F-750, velocità su pista, fu ideata e omologata dalla FIM (Federazione Internazionale del Motociclismo) come serie internazionale denominata Prix F.I.M. 750, riservata alle moto derivate dalla serie, di cilindrata inferiore a 750 cc.
La gara inaugurale venne disputata il 15 aprile 1973 sul circuito di Imola e vinta da Jarno Saarinen su Yamaha, davanti alla Ducati di Bruno Spaggiari
Per partecipare a questa formula assai promettente per i ritorni commerciali, la Kawasaki assunse Erv Kanemoto, noto per essere in grado di spremere il massimo da ogni motore.
Erv progettò intorno al tricilindrico raffreddato a liquido e curato scrupolosamente nel sistema di alimentazione, un telaio innovativo anche se largamente ispirato a quelli che Rob North aveva ideato per le Triumph Trident, rigido e leggero costituito da tubi di grosso diametro a parete sottile con gli ammortizzatori posteriori montati in posizione inclinata per una azione ammortizzante più progressiva.




Il motore della KR la Kawasaki conservava rispetto ai suoi predecessori, quelli che equipaggiavano la H1R da 500 cc e la H2R da 750 cc soltanto l’architettura con tre cilindri in linea.
Il motore era  “quadro” (68 x 68 mm contro i 71 x 63 mm della H2R) e i carter uniti secondo un piano orizzontale era molto più robusto dei precedenti.
Il raffreddamento a liquido aveva risolto i problemi di raffreddamento, specialmente del cilindro centrale, migliorando in modo sostanziale l’affidabilità.
L’ammisione era regolata dal pistone e l’alimentazione era assicurata da tre Mikuni da 36 mm.
L’assenza dei pacchi lamellari, presenti sulle più dirette avversarie, come la Yamaha OW31 andava a scapito della potenza massima ma migliorava l’erogazione fin dai medi regimi.
Dote che suppliva alla inferiore potenza massima rispetto alle quattro cilindri.
Portata in gara per la prima volta alla 200 Miglia di Daytona da Gary Nixon conquistò un lusinghiero secondo posto.
Nella seconda gara, in Venezuela, Nixon si classificò primo ma la vittoria venne assegnata a tavolino a Steve Baker su Yamaha.
Per il punto perso discutibilmente in Venezuela, Nixon, dopo aver duellato per tutto il campionato con Victor Palomo, il titolo di Formula 750 fu assegnato a quest'ultimo.
La KR 750 fu costruita in meno di 20 esemplari ed è una delle più rare e ricercate dai collezionisti Kawasaki da corsa.
 

CARATTERISTICHE TECNICHE:
Motore: Raffreddamento ad acqua, tre cilindri in linea, a due tempi
Alesaggio x corsa: 68,0 x 68,0 mm
Cilindrata: 747cc
Potenza massima: 125 CV a 9500 giri/min.

Alimentazione: Tre Mikuni da 36 mm
Accensione: Kawasaki CDI
Cambio: 6 marce
Frizione: a secco
Telaio: doppia culla in tubi di acciaio
Sospensione anteriore: forcella Kayaba da 38 mm

Sospensione posteriore: forcellone oscillante a sezione rettangolare e doppi ammortizzatori Boge
Freno anteriori: Doppio disco in acciaio da 296 millimetri con pinze a doppio pistoncino
Freno posteriore: Disco singolo da 260 millimetri disco con pinza a due pistoncini
Peso: 140 Kg
Velocità max: oltre 300 Km/h

lunedì 28 gennaio 2013

Ritratti in bianco e nero: Franco Mancini


Del pilota ciociaro Franco Mnancini  trascrivo quello che hanno detto di lui William Alonzi, direttore sportivo dell'omonimo Motoclub e Roberto Patrignani.


William Alonzi: Il 3 Marzo del 1930, in casa del Dottor Pietro Mancini venne alla luce un bambino  a cui fu dato il nome di Franco.
Era il loro Astro, nome che avrà una grande importanza nella vita futura di Franco Mancini.
Nel primo dopoguerra le aziende motociclistiche si erano rese conto che gli italiani avevano il bisogno di muoversi velocemente, i soldi erano pochi e bisogna va creare un prodotto economico.
Ecco allora il fiorire di motocicli come la Lambretta, la Vespa, lo scooter Agusta 125, il Ducati Cucciolo.
Franco Mancini, come tanti suoi coetanei scopre le due ruote e ben presto la sua curiosità lascia il posto al suo coraggio e al suo ardore che lo porteranno a diventare un pilota.
Papà Pietro non vedeva di buon occhio l’iniziativa del figliolo proibendogli di prendere parte alle competizioni ma Franco era ormai stregato dal motociclismo agonistico e decise di contravvenire al volere paterno.
Si iscrisse alle prime gare con lo pseudonimo di “Astro” in modo da poter tenere segreta al padre la sua partecipazione.
Questo escamotage ebbe tuttavia vita breve perché il suo talento innato lo portò subito a mettersi in evidenza con la vittoria in svariate competizioni.
I promettenti risultati fecero cadere anche le ultime resistenze del Dottor Pietro che comunque non concesse mai al figlio la propria piena approvazione.
Franco che amava molto curare personalmente la messa a punto delle sue moto trascorreva intere giornate a Tavernanuova di Isola del Liri Superiore dove si trovava l’officina del suo meccanico, da tutti conosciuto come “Croccantino”.
Passava facilmente da una moto di media cilindrata all’altra portando in gara Mondial, gilera, MV Agusta, Parilla, Ducati e Rumi.



In molte occasioni riuscì a lasciarsi dietro moto di grossa cilindrata come nella Ariccia-Madonna del Tufo del 1961 dove, in sella alla sua Prilla 250 con 3’29”01 risultò primo assoluto stabilendo nello stesso tempo il nuovo record del tracciato. 


In quegli anni strinse amicizia con Cleto Catallo, figura che assumerà una importanza rilevante nella sua carriera.
Catallo lo seguiva in ogni gara passando senza alcun problema dal ruolo di meccanico a quello di Direttore sportivo.
Dal 1960 al 1963, Mancini colse quarantadue vittorie e vinse il campionato di classe per tre stagioni consecutive.
Fu spesso utilizzato a sua insaputa come collaudatore di alcune case motociclistiche che gli fornivano moto con caratteristiche non ancora note.
Le moto gli venivano spedite per ferrovia uno o due giorni prima della gara direttamente sul luogo della competizione e quindi senza alcuna possibilità di conoscere le caratteristiche tecniche.
In caso di guasto bisognava attendere il benestare della casa prima di poter aprire il motore.
I successi di Mancini non passarono inosservati da Ferruccio Gilera che lo convocò a Monza per una serie di test sulla Gilera 4C insieme al barone del motociclismo inglese Geoffrey Duke e a Gilberto Milani.


Alcuni giorni dopo, il 24 Novembre del 1963, Mancini si recò a Vallelunga con la “Matta”, la sua Parilla 250, per un allenamento.
La Parilla scivolò su una macchia d’olio e Mancini si schiantò contro un guard rail.
I meccanici accorsero tempestivamente ma ogni tentativo di strapparlo alla morte fu vano.
Qualche giorni dopo la sua morte pervenne la lettera della Gilera che gli comunicava la sua assunzione come pilota ufficiale della 500 4C.



Roberto Patrignani: …San Cesareo/Montecompatri, fu questa l’ultima vittoria della Gilera 175 Bicilindrica e purtroppo anche di Franco.
In seguito ai successi con la 175 e le pressioni che Nardi fece presso la Gilera, Mancini ebbe il privilegio di provare la 4 cilindri a Monza e visti i buoni tempi che aveva fatto segnare si pèarlava di un suo inserimento nella squadra ufficiale per le grosse cilindrate.
In vista di questa possibilità, Franco si allenava costantemente con la Norton di chi vi scrive.
Il destino volle diversamente perché solo dopo una diecina di giorni dalla prova positiva con la 4C, Franco morì con una motoleggera a Vallelunga, dove, sempre per allenarsi voleva stabilire il record di un’ora della pista romana.