CHI SONO

Sono malato di moto.

Mi piacciono tutte ma preferisco quelle che hanno sacrificato qualche orpello originale o la conformità alle norme del codice della strada sull'altare dell'edonismo per l'esaltazione dell'ego del loro possessore. Moto mutilate? Non proprio.
Preferisco immaginarle, che Dio mi perdoni l'eresia, come le sculture che Michelangelo immaginava intrappolate nei blocchi di marmo. Moto liberate da quanto imposto dai diktat degli studi di marketing, dal politically correct, dalle normative ambientali, dalle regole imposte dai burocrati. Moto scostumate, irriverenti, esibizioniste, visionarie ma vere vive e pulsanti.
E senza fare distinzioni tra custom, bobber, streetfighter, racer replica ecc. ho voluto creare uno spazio virtuale in cui incontrarsi, confrontarsi, scambiarsi opinioni e sul quale proporre le proprie creazioni. Quache paludato bacchettone resterà inorridito ma ritengo che ogni prodotto dell'ingegno umano sia Cultura. Inviatemi le foto delle vostre creature e un commento sull'iter mentale e operativo che ha condotto all'evento.
Da me l'ingresso è libero.

Qualcosa su cafè sport



domenica 4 novembre 2012

Moto Guzzi Guzzino 65 Tipo Corsa




Non ho una gran simpatia per i ciclomotori, probabilmente perché quelli sportivi di cui si favoleggiavano prestazioni straordinarie (settanta all’ora "tutto abbassato" di Malanca e Aspes, tanto per citare) che avrei voluto da ragazzino erano fuori della mia portata e da quella dei miei genitori impegnati a crescere e far studiare quattro figli.
Ho incontrato un Moto Guzzi Guzzino 65 “Tipo corsa” alla Mostra Scambio Auto e Moto d’Epoca di Sora.
Perché poi si chiamino “mostre scambio”, considerando che non si scambia niente se non merce contro denaro come in tutte le transazioni commerciali di questo mondo, un giorno o l’latro qualcuno me lo spiegherà.
Suvvia, niente divagazioni lessicali, torniamo al nostro Guzzino.




Siccome, come appena detto, so praticamente nulla di ciclomotori ho cercato lumi nel WEB e così sono capitato sul sito WWW.MOTOCARDELLINO.IT dove Roberto Patrignani nel “Il Guzzino che non ebbi” racconta del suo acerbo amore per questo oggettino che riassume compiutamente anche il mio tormentato rapporto con i cinquantini sportivi.

Trascrivo integralmente.

IL GUZZINO CHE NON EBBI di Roberto Patrignani 

“Dovessi fare una graduatoria dell”impossibile, considerando le moto più ardentemente desiderate della mia vita e il mio potere d’acquisto nella relativa epoca, vedrei svettare il Guzzino 65 molte lunghezze davanti alla Honda RC30 o addirittura alla NR a pistoni ovali.
In altre parole, in età cosiddetta matura (ma il vero motociclista non sarà mai maturo nel senso compiuto del termine), avrei potuto teoricamente acquistare con salti mortali, cambiali, svendite di altri beni e ipoteca sulla casa, motociclette di grande prestigio e costo proibitivo.
A 11-12 anni nessuna scappatoia al mondo avrebbe potuto consentirmi invece di comprare il Guzzino: meraviglia tra le meraviglie, luce nelle tenebre, miracolo prodigioso apparso all’improvviso nel firmamento delle nebulose fantasie di quella tormentata età in cui – come diceva benevolmente mia nonna – non si è né carne e né pesce.
Altro che né carne né pesce.
Avevo idee chiarissime e propositi “definitivi” per quanto riguardava una cosa almeno: l’innamoramento assoluto nei confronti della motocicletta e l’irrinunciabile “voto” di fare il corridore motociclista, da grande.
Sorvolando –alla luce dei fatti- sulla qualità del corridore, devo riconoscere che sono stato coerente o …carente nello sviluppo perché, se non fosse stato per il tradimento perpetrato  ai miei danni dalla carcassa esterna, sono rimasto emotivamente, sipiritualmente, inconcludentemente quello che ero allora: un adolescente pieno di sogni e di slanci e con il fermo proposito di mettere la testa a posto.
Ma per questo c’è tempo quando sarò grande.
Bisogna dire che importanti fattori avevano giocato a favore del mio rapimento oltre i confini del motociclismo: l’apparizione del Guzzino sulle strade del ramo lecchese del Lago di Como (dove eravamo sfollati da Milano in piena epoca di bombardamenti con tanto di casa rasa al suolo) e il primo circuito di Lecco nel ‘45, che mio padre aveva incautamente accompagnato me e mio fratello a vedere.
Folgorazione assoluta!
Quella era la mia vita, il mio futuro, ciò che inaspettatamente era piombato da un giorno all’altro nel bel mezzo della mia strada, come la bomba che ci polverizzò la casa di Via Canova a Milano dopo che l’avevamo da poco lasciata.
Consapevole che non potevo correre in moto a 11 anni, trasferii questo fortissimo desiderio sulla moto più avvicinabile tra quante vedevo in giro: il Guzzino, per l’appunto.
Ma non proprio così, tale e quale, con il cambio a tre marce da manovrare a mano sulla destra del serbatoio e l’acceleratore a manettino.
Bensì con il cambio a pedale, acceleratore a manopola, frenasterzo da “indurire” in rettilineo, come avevo visto fare al circuito di Lecco e poi a quello di Mandello nel ’47.
Del resto che non fossi l’unico a sognare un Superguzzino tipo corsa, lo dimostravano i fatti.
Dopo la comparsa del Gambalunga 500 – moto che mandò in visibilio chiunque l’avesse visto dal vero o in fotografia- era infatti sbocciata la mania di trasformare i Guzzini in piccoli Gambalunga, come si parla nelle pagine seguenti.
Quello era il Guzzino che desideravo e che alimentava le mie fantasie diurne e notturne.
Ma era impensabile reperire e comprare anche un Guzzino normale.
Quanto all’usato, il termine era di la dall’essere per un oggetto del genere.
Basti dire che i concessionari che si recavano a Mandello con il motocarro a ritirare i “65” che via via venivano loro consegnati in base alle ordinazioni fatte per tempo si dice che li andassero a Mandello stesso perché, durante il pasto di mezzogiorno al Ristorante Grigna, sulla statale, prima di riprendere il cammino per le rispettive destinazioni, erano accerchiati da… famelici branchi di persone che, denaro alla mano e pagando assai più del prezzo di listino, volevano il Guzzino, così sui due piedi.
Dasl canto suo la Moto Guzzi fu talmente onesta che, quando la produzione assunse un ritmo tale da poter far fronte alle richieste e i costi diminuirono grazie al grande numero di unità prodotte, i prezzi vennero abbassati, passando dalle 159.00 lire della prima serie alle 107.000 lire.
Eppure, se proprio avessi voluto, ce l’avrei forse fatta ad avere anche io il Guzzino.
Mio padre visto quanto ci tenevo mi promise infatti di comprarmelo se fossi stato promosso a Giugno in quel tribolatissimo anno della prima media dove avevo sufficienze soltanto in italiano e ginnastica e neanche in condotta.
Me l’aveva però detto troppo tardi, alla fine del secondo trimestre.
Non ci fu nulla da fare.
Cercai ugualmente di riscattarmi, studiando tutta l’estate per poter dare da privatista in Ottobre, l’esame di ammissione alla seconda Avviamento Professionale, per non perdere l’anno.
Difatti ce la feci.
Ma ormai molte cose erano cambiate e altro che Guzzino…finii in collegio.
Adesso, ironia della sorte, potrei comprarmi un bel Guzzino rimesso a nuovo e tenerlo in salotto, a titolo di rivincita di quel giovinetto che tanto lo desiderava.
Ne ho anche posseduto uno bellissimo, parecchi anni fa, ma dopo i primi momenti di estasi e qualche giretto, la smania è sbollita da sé.
E’ allora che dovevo averlo, non adesso.
I sogni non si possono surgelare.
Vanno consumati freschi, ricchi di linfa, colori, profumi, unicamente al momento della massima fioritura.
Dopo, sono come quelle violette seccate tra le pagine di un vecchio libro.
Procurano mestizia e l’impulso di richiudere il libro con un botto ovattato e un soffio di polvere che sa di muffa.
Però – brutto fesso – potevi studiare come si deve…"