CHI SONO

Sono malato di moto.

Mi piacciono tutte ma preferisco quelle che hanno sacrificato qualche orpello originale o la conformità alle norme del codice della strada sull'altare dell'edonismo per l'esaltazione dell'ego del loro possessore. Moto mutilate? Non proprio.
Preferisco immaginarle, che Dio mi perdoni l'eresia, come le sculture che Michelangelo immaginava intrappolate nei blocchi di marmo. Moto liberate da quanto imposto dai diktat degli studi di marketing, dal politically correct, dalle normative ambientali, dalle regole imposte dai burocrati. Moto scostumate, irriverenti, esibizioniste, visionarie ma vere vive e pulsanti.
E senza fare distinzioni tra custom, bobber, streetfighter, racer replica ecc. ho voluto creare uno spazio virtuale in cui incontrarsi, confrontarsi, scambiarsi opinioni e sul quale proporre le proprie creazioni. Quache paludato bacchettone resterà inorridito ma ritengo che ogni prodotto dell'ingegno umano sia Cultura. Inviatemi le foto delle vostre creature e un commento sull'iter mentale e operativo che ha condotto all'evento.
Da me l'ingresso è libero.

Qualcosa su cafè sport



sabato 1 novembre 2008

La "Febbre" del Tuning

Tuning.
Un termine anglosassone per definire la “febbre” provocata dal virus che coglie a volte il possessore di un mezzo di locomozione a due o quattro ruote.
Non sono assolutamente certo della verità storica di ciò che affermo ma sono convinto che il germe abbia iniziato a contagiare da tempo immemorabile.
Il carro da combattimento di Achille valga come esempio per tutti.
Il nuovo termine ha anche nobilitato, nel campo specifico delle due ruote, una attività che una volta, con un certo disprezzo, veniva considerata propria degli “smanettoni”, dei “coatti” o ancor peggio di chi, non potendo permettersi un mezzo nuovo di pacca, modificava, con dubbi risultati tecnico/estetici, quello in suo possesso al fine di renderlo più’ moderno aggressivo e rumoroso. Insomma “truccato”.
Chi non ricorda negli anni “70” i Kawa tre cilindri con le marmitte a spillo e le Honda four con il quattro in uno e la sella con lo “gnocco”, pardon Clubman.







In definitiva l'obiettivo è sempre lo stesso, rendere la propria cavalcatura più’ stabile, più’ potente, più aggressiva, più bella o semplicemente diversa.
Quando non erano ancora state coniate definizioni come Streetfighter, Custom, Cafe racer ecc. il "Tuner" non ha mai trovato una collocazione ben definita nel contesto sociale rimanendone spesso ai margini.
Anche la cinematografia ci ha messo del suo: il rotondetto imbronciato e assolutamente improbabile Marlon Brando de Il selvaggio”, il ben piu’ credibile Peter Fonda di “Easy rider” o il magnifico Steve McQueen di "La grande fuga" hanno caratterizzato personaggi al di fuori degli schemi sociali convenzionalmente definiti e accettati.
Anche Tomas Milian nei panni del commissario Nico "Er Monnezza" Giraldi sulla Scrambler Ducati, pur stando dalla parte dei "buoni", interpretava un personaggio greve sboccato e con un passato da coatto di borgata.
Una certa aura da “zingari” ha caratterizzato anche i piloti privati degli anni '60 e '70.
A quei tempi c’erano i piloti ufficiali in sella a moto competitive e tecnologicamente – per l’epoca - avanzatissime e "gli altri".
"Gli altri" erano quelli che girovagavano per i circuiti con la moto nel furgone che era nello stesso tempo motorhome e officina mobile.
"Gli Altri” erano quelli che potevano aspirare al massimo dal quinto posto in giu’ montati su moto di serie adattate per le competizioni.
Per strappare qualche centesimo di secondo sul giro si modificavano telai sospensioni freni e carrozzerie.
Per fortuna!
Valenti artigiani e piccole industrie iniziarono a produrre parti speciali dedicate fornendo componenti affidabili e contribuendo a dare un minimo di dignità ai mezzi di chi quelle stesse componenti acquistava e montava per uso su strade aperte.
Segoni, Egli, Tomaselli, Ceriani, Fontana, NCR, Bimota, Valentini, Borgo ecc. hanno creato componenti raffinate e performanti ancora oggi ricercatissime da chi è appassionato di special classiche. Bah, tempi ormai andati.
Esiste oggi un fiorente mercato di “spare parts” aftermarket ( Evvai con gli anglicismi ) prodotte dalle stesse case motociclistiche tramite proprie consociate o da piccole e specializzatissime industrie che permettono di modificare a piacimento la propria moto con l’unico limite dettato dall’entità del conto in banca.
In una custom house ho provato a sfogliare i volumi dedicati alle parti speciali per Harley Davidson, migliaia e migliaia di pagine, roba da perderci la testa.
Anche Ducati non scherza, forse le pagine saranno solo centinaia ma sono comunque un bel malloppo.
Il risultato, per chi decide di attingere a questo mercato, è garantito.
Levigatezza, perfetta compatibilità delle parti, prestazioni garantite...moto "snob" esibite come status symbol a dimostrazione della propria disponibilità economica.

Personalmente ho sempre preferito quelle che definisco "garage bike".
Moto "grezze" fatte nei sottoscala, nei box dietro casa, di notte, con il sudore e l'inventiva.
Concordo con il mio vecchio professore che detestava il "lavoro di gruppo".
Questo, diceva, rende il prodotto formalmente corretto, generalmente privo di pecche ma soffoca l'idea brillante, l'intuizione geniale.
Le garage bike hanno spesso sprazzi di assoluta genialità.


Si, vabbè... ma la febbre del tuning?
Non c’è antidoto che tenga, chi è contagiato lo è per sempre.
E forse è il momento di smettere di pestare sulla tastiera del piccì e andare a dare un’occhiata critica alla mia motoretta; c'è sempre qualcosa da fare per renderla "speciale" …
..."bike work is never done"

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