CHI SONO

Sono malato di moto.

Mi piacciono tutte ma preferisco quelle che hanno sacrificato qualche orpello originale o la conformità alle norme del codice della strada sull'altare dell'edonismo per l'esaltazione dell'ego del loro possessore. Moto mutilate? Non proprio.
Preferisco immaginarle, che Dio mi perdoni l'eresia, come le sculture che Michelangelo immaginava intrappolate nei blocchi di marmo. Moto liberate da quanto imposto dai diktat degli studi di marketing, dal politically correct, dalle normative ambientali, dalle regole imposte dai burocrati. Moto scostumate, irriverenti, esibizioniste, visionarie ma vere vive e pulsanti.
E senza fare distinzioni tra custom, bobber, streetfighter, racer replica ecc. ho voluto creare uno spazio virtuale in cui incontrarsi, confrontarsi, scambiarsi opinioni e sul quale proporre le proprie creazioni. Quache paludato bacchettone resterà inorridito ma ritengo che ogni prodotto dell'ingegno umano sia Cultura. Inviatemi le foto delle vostre creature e un commento sull'iter mentale e operativo che ha condotto all'evento.
Da me l'ingresso è libero.

Qualcosa su cafè sport



domenica 29 giugno 2008

MOTOPASSEGGIATA - Appunti di viaggio: Il Parco Nazionale di Lazio Abruzzo e Molise

Qui ho sempre parlato solo e soltanto di moto, delle moto che mi piacciono o che mi sono piaciute, mai niente di personale.
Ma io vivo la moto; con lei, quando posso, parto per piccole o grandi avventure, piccoli o grandi viaggi, alla ricerca di piccole o grandi emozioni.
Parto con la meta mai ben definita, io, la moto, la libertà di decidere la direzione ad ogni bivio guidato da una sensazione, da un odore, da un panorama o semplicemente dall'istinto.
La visiera del casco alzata, gli stivali ad una spanna dall'asfalto e il canto del motore nelle orecchie.
Ho deciso di tenere un piccolo diario delle mie uscite.
L'intento non è quello di segnalare itinerari ma di comunicare le sensazioni di piccole esperienze di ordinario motociclismo.
Parto da Sora, in provincia di Frosinone, alla volta del Parco delle Mainarde posto a cavallo tra Lazio Abruzzo e Molise.
Dopo il gran caldo di questi giorni ho voglia di montagna, di fresco, di orizzonti lontani.
Parto da solo, come sempre faccio quando voglio decidere in proprio soste e andatura.
La moto è la solita vecchia giunonica VFR, la sport tourer per antonomasia, capace di fare le fusa senza strappi al minimo e di ruggire sul filo dei 250 orari.

La strada da Sora ad Atina è dolce, saliscendi e curve ampie, fondo quasi perfetto...si comincia bene.
Da Atina a San Biagio Saracinisco ( mai avrei pensato che i Saraceni si fossero spinti tanto vicino a Roma ) sale tra i boschi, le curve si fanno più strette, diventano tornanti. Il fondo è perfetto, la temperatura assolutamente gradevole, il traffico scarso...di bene in meglio. Poi la strada si distende su un tratto quasi pianeggiante e al centro, tra boschi di pioppi, il Lago di Cardito; un invaso artificiale con acqua limpida e salici sulle sponde.
Molto bucolico.
Faccio la prima sosta, per ammirare il panorama e fumare una sigaretta.









Riprendo la strada che comincia scendere verso la provincia di Isernia.
Man mano che si scende il caldo aumenta, la moto ronfa che è un piacere piegando tra una curva e l'altra, il fondo è decente.
Ad un tratto vedo un'ombra proiettata sull'asfalto davanti a me, alzo gli occhi...un'aquila.
E' lì, a una ventina di metri di quota; inchiodo la moto, voglio fotografarla.
Non capitano spesso incontri del genere.
Ma la tecnologia mi tradisce.
Ho lasciato a casa la fida Fuji confidando nei cinque megapixel e nei quattro gigabytes del nuovo Nokia N95 che mi fa anche da navigatore.
Non ho una gran dimestichezza con le diavolerie elettroniche, pasticcio un po', dimentico di aprire lo sportellino dell'ottica e, quando sono pronto a scattare, l'aquila non c'è più.
Giuro che la Fuji, alla prossima uscita, me la lego al collo.
Riprendo la strada con un occhio all'asfalto e uno al cielo e, di colpo, la moto si intraversa.
Con un po' di mestiere la tengo su.
Mi fermo con il cuore in gola che batte a mille.
Sono finito nella cacca.
Letteralmente.
La strada è cosparsa di escrementi bovini.
Guido con prudenza e lentamente fino alla superstrada che collega la provincia di Isernia a Vasto. Strada ampia, curve lunghissime, asfalto semplicemente meraviglioso e...pattuglie della Polstrada, con tanto di autovelox, ogni due chilometri e limite di velocità di 70.
La prossima volta mi porterò il Ciao della Piaggio così almeno potrò sfogare il prurito che sento al polso destro senza rischiare la patente e il salasso del già esiguo conto in banca.
Vedo le indicazioni per il Santuario dell'Addolorata, proseguo qualche chilometro oltre il bivio per Termoli e mi trovo davanti un complesso gotico.
In pieno Molise!



Entro, ci sono dei posti in cui vale la pena di dire una preghiera, ma l'interno non si accorda con l'esterno; è un falso.
Prego comunque ma chi ha costruito non ha tenuto conto del "genius loci", non c'è spiritualità. Esco convinto più che mai che quello che blaterava il mio professore di composizione architettonica, circa i falsi storici e gli anacronismi costruttivi, fosse assolutamente corretto.
Torno indietro e riprendo la strada per Termoli, voglio arrivare a Capracotta ( incuriosito dal nome ).
La strada è tipicamente di montagna...tortuosa, fa fresco, l'asfalto è sufficientemente buono, tiro finalmente un po' il collo alla VFR che risponde da par suo, rotonda e piena.
Mi diverto.
Capracotta è una delusione, è posta su un cocuzzolo, saremo a 1500 s.l.m., pelato come la zucca di Kojak.
Fa fresco e ho fame.
Cerco un ristorante, l'unico è chiuso.
Mi accontento di un paio di panini e di una coca nell'unico bar.
Mentre riscendo incontro le indicazioni per Castel di Sangro.
Svolto a destra seguendo le indicazioni e...mi trovo su una pista da cross.
Buche, avvallamenti, disconnessioni, ghiaietto...praticamente tutto quanto riempie di incubi il sonno di ogni motociclista.
Dieci chilometri che sembrano usciti da "The day after", la Honda sopporta ogni strapazzo ma è una moto"da strada".

Quel tratto non le piace e non fa niente per dissimulare la sua contrarietà. Ne esco con i polsi e il collo che mi dolgono. Lascio il Molise e mi ritrovo sulle care, vecchie, perfette strade abruzzesi. Di Polizia di solito ce ne è poca e confido nei lampeggi di avvertimento degli altri motociclisti...scalo due marce e apro il gas...vai, bella!

Fino a Castel di Sangro sul filo dei centoottanta e poi su, verso Alfedena, sempre sopra i cento.
Libidine pura.
Troppo bello perchè duri e infatti ad Alfedena ecco le prime gocce.
Rallento.
Dopo una curva l'incanto del Lago di Barrea.
Pioviggina ma non posso fare a meno di fare qualche foto.

A Barrea piove a dirotto e io non mi sono portato dietro la solita tuta antiacqua.
Trovo riparo in un Bar lungo la spiaggia del lago.
Caffe' sigaretta e aspetto che smetta...oltretutto il posto è bello.
Mi stravacco, fumo e mi godo il panorama.

Finalmente smette.
La strada verso Opi è bagnata, guido con prudenza maledicendo gli automobilisti che sembra lo facciano a posta a schizzarmi addosso l'acqua delle pozzanghere.
Attraverso Opi e comincio a salire verso il passo di Forca D'Acero -1400 s.l.m.-, a metà mi volto e lo spettacolo di Opi dall'alto merita un'altra piccola sosta per l'ennesima sigaretta e per un'altra foto.
Supero il passo e mi avvio verso il versante laziale del Parco, la strada è asciutta e fa un freddo cane.
Spalmato sul serbatoio cerco il massimo della protezione aerodinamica. Mi ingarello con un terzetto di "Valentino Replica", hanno tute da astronauta e montano moto da millemila cavalli ma sono dei fermi.
Me li bevo in dieci curve e scendo veloce fino al bivio di San Donato Val di Comino e qui...inizia l'inferno.
Non ho la minima idea del motivo per il quale Giove Pluvio sia tanto incazzato ma stavolta ha deciso di dar fondo a tutto il suo repertorio.
Acqua a catinelle, grandine, tuoni, fulmini e qualunque altra cosa possa cadere dal cielo.
Non c'è nemmeno una casa, un bar o qualsiasi altro riparo.
L'idea di mettermi sotto un albero a fare da parafulmine umano non mi piace per niente.
Ormai manca poco, continuo a scendere bagnato fin nelle mutande e sollevando una vela d'acqua da far invidia a un motoscafo.
I Dragon che ho fatto montare sulla Honda non saranno l'ultimo grido in fatto di look ma smaltiscono l'acqua senza innescare fenomeni di aquaplaning.
L'inferno dura fin quasi a Sora.
Sono arrivato, parcheggio la moto e mi ficco sotto una doccia bollente.

Nessun commento:

Posta un commento