Stavolta non sono solo, con me viene un amico.
Lo conosco personalmente e professionalmente ma non ho idea di che tipo di motociclista sia.
La sua moto comunque fa ben sperare, una BMW F650 ancora con la targa con la provincia.
Questo è indicativo, non è uno smanettone, altrimenti avrebbe un GSX-R o un Ninjia.
Il rischio, semmai, è quello che abbia una guida un po’ troppo turistica.
Io invece sono con la solita Honda VFR 750.
L’obiettivo è sempre lo stesso: sfuggire alla canicola e ubriacarsi di curve e panorami.
Meta: le Gole del Sagittario, poi si vedrà. Partenza da Sora (FR), ci arrampichiamo verso il passo di Forca d’Acero, 1400 s.l.m., man mano che si sale il fresco aumenta, il fondo è pressoché perfetto.
Il percorso è un misto molto “tecnico”, lunghi curvoni d’appoggio, tornanti e curve a gomito davvero impegnative.
Faccio da apripista.
Inizio con una andatura allegra, il mio amico mi sta attaccato alla ruota.
Porto il ritmo al vivace con brio e lui sempre dietro.
Bene.
Andiamo su sul filo dei 110-120 km/h, abbastanza veloci da divertirci e abbastanza lenti da avere il tempo di gettare uno sguardo al panorama che merita davvero.
Le valli della Ciociaria, e quella di Comino in particolare, sono sicuramente tra i più bei posti del mondo.
E’ zona di deltaplani, ci sorvolano coloratissimi o si stagliano in basso contro il verde della valle.
Scavalliamo il passo che segna il confine tra Lazio e Abruzzo e iniziamo a scendere verso Opi.
La strada si fa più tortuosa, il fondo è buono ma non tanto quanto quello del versante laziale, la guida diventa impegnativa ma il fresco, tra i boschi di faggi, è delizioso.
Ritmo: andante ma non troppo.
Da Opi a Barrea la strada è pianeggiante, tortuosa il giusto e con un fondo discreto.
Ci sarebbe da divertirsi se gli autovelox non ci costringessero a mantenere una velocità rigorosamente “codice”.
Una noia mortale.
Da Barrea si sale verso Passo Godi (1600 s.l.m.), mai nome fu più azzeccato.
Godi-amo davvero.
Fondo buono, percorso tecnico, assenza di autovelox, traffico scarso.
Ritmo: allegro molto vivace.
La VFR va bene come al solito, soffre un po’ nei tornantini lenti dove bisogna pigiare forte sulle pedane ma per il resto è la solita vecchia servizievole “geisha” che ispira fiducia e asseconda con piacere ogni voglia.
Al Passo la prima sosta per sgranchire le gambe, fumare una sigaretta e fare qualche foto.
Il percorso da Passo Godi a Scanno è in discesa, pieno di curve e tornanti alternati a brevi rettilinei, fondo discreto, traffico scarso, molto ma molto tecnico.
Lo affrontiamo con un tempo allegro moderato ma non troppo.
A fine discesa i freni accusano un po’ di fading, il comando è diventato spugnoso e sono costretto ad anticipare le staccate.
Non so come reagisca il monodisco della BMW ma da quello che vedo negli specchietti non credo che se la cavi molto meglio dei due dischi della Honda.
Comincio a credere che le tubazioni aeronautiche in treccia e le pastiglie sinterizzate, magari marchiate Braking, non siano solo un vezzo da “coatto”.
A Scanno fa abbastanza caldo perché giubbotto e guanti comincino a dar fastidio ma sotto i salici si sta benissimo.
Diamo fondo alle sorte alimentari spuntate dal baulone della BMW: pancetta, pane casereccio, pecorino fresco e melone il tutto innaffiato da birra gelata.
Restiamo un’oretta a goderci il panorama e a chiacchierare del più e del meno.
Dopo il caffè risaliamo in moto e prendiamo la strada per Sulmona.
Subito dopo Scanno ecco Villalago.
Un incanto.
Subito dopo Scanno ecco Villalago.
Un incanto.
Acqua trasparente, cascatelle, boschi che scendono fino alle rive…sembra di essere dentro una cartolina.
Nuovo stop, foto, visita al Santuario di San Domenico, passeggiata sulla riva.
Al mio amico viene voglia di fare un tuffo; ad essere sincero ne avrei voglia anche io ma non ho il costume.
Dal baulone della BMW, che comincio a pensare come l’equivalente motociclistico dei pantaloncini di Eta Beta, emergono costume, ciabatte e asciugamani.
Sguazza un po’ mentre io resto a godermi il panorama e a chiacchierare con un sub che sta ricaricando in macchina le bombole.
E così scopro che il Santuario è collegato al versante orientale della gola da tre ponti sovrapposti.
Uno è quello moderno, un altro più antico semisommerso e un altro ancora, medioevale, completamente sommerso.
Nuovo stop, foto, visita al Santuario di San Domenico, passeggiata sulla riva.
Al mio amico viene voglia di fare un tuffo; ad essere sincero ne avrei voglia anche io ma non ho il costume.
Dal baulone della BMW, che comincio a pensare come l’equivalente motociclistico dei pantaloncini di Eta Beta, emergono costume, ciabatte e asciugamani.
Sguazza un po’ mentre io resto a godermi il panorama e a chiacchierare con un sub che sta ricaricando in macchina le bombole.
E così scopro che il Santuario è collegato al versante orientale della gola da tre ponti sovrapposti.
Uno è quello moderno, un altro più antico semisommerso e un altro ancora, medioevale, completamente sommerso.
Le Gole del Sagittario iniziano a Villalago e terminano a Anversa degli Abruzzi.
Una strada tortuosa ma non particolarmente impegnativa con un buon fondo e che si snoda per una ventina di chilometri tra due altissimi dirupi costeggiando un torrentello.
Il paesaggio è di una straordinaria bellezza selvaggia.
Si potrebbe andare forte ma la strada è piena di “Biker”, quelli con quelle due ruote - troppo impegnativo chiamarle Moto – con forcelle e manubri improponibili che fanno un gran casino e non vanno avanti.
L’idea di trovarmene una praticamente ferma all’uscita di una curva è un potente deterrente alla rotazione del polso destro.
Tempo: allegretto.
Prendiamo la superstrada che conduce a Sulmona.
Il caldo aumenta e a Sulmona è praticamente insopportabile.
In prima battuta pensavamo di prendere la Tiburtina Valeria fino a Cappadocia e poi fare la vecchia Avezzano-Sora.
Accostiamo, ci guardiamo negli occhi e senza parlare svoltiamo per Pettorano e l’Altopiano delle Cinque Miglia.
Una larga superstrada con curve ampissime e fondo ottimo, apriamo la manetta incoraggiati dagli altri motociclisti che vanno su come schegge.
Se c’è un autovelox…stasera brinderanno a champagne.
Chissenefrega!
Tempo: vivace quasi presto.
A Rivisondoli altra sosta, rinfrescatina, ghiacciolo, pieno di benza e telefonatina ai congiunti che supponiamo in pensiero.
Scopriamo che tanto in pensiero poi non sono.
Meglio così.
Dalla piazzetta di Rivisondoli il panorama dell’Altopiano è un toccasana per l’anima.
Ci stravacchiamo e chiacchieriamo. La strada da Rivisondoli a Opi e quella che ho già descritta.
Andiamo giù tranquilli, meglio non forzare troppo la sorte.
Una pattuglia con quelle maledette macchinette può trasformare una piacevolissima gita domenicale in qualcosa da dimenticare.
Tempo: andante.
Da Opi si risale verso Forca d’Acero, fa fresco e praticamente non c’è traffico.
Mi accorgo che oggi non ho ancora tirato veramente il collo alla VFR, non posso chiudere la giornata senza farle dimostrare tutto il suo potenziale.
Apro il gas e vado su a vita persa, tiro tutte le marce fino agli 11500 e stacco al limite ad ogni curva…ci sto, non ci sto…ci sto sempre.
Tempo: presto…anche troppo.
Al passo c’è un banco che vende formaggi tipici, compriamo un quarto di forma di caprino (ottimo) e ci scoliamo una birretta.
Il caffè andiamo a berlo a San Donato Val di Comino, in piazzetta.
In pratica un quadrivio con tre bar nel giro di venti metri.
Chiacchieriamo ancora una mezz’oretta all’ombra dei platani, si sta bene e c’è movimento, non abbiamo fretta di rientrare.
Tornando verso Sora facciamo un’altra sosta al Lago di Posta Fibreno, stupendo con la luce radente del tramonto.
Si torna alla base stanchi e contenti.
Contento anche di aver trovato un amico che intende alla mia maniera il mototurismo.
Una strada tortuosa ma non particolarmente impegnativa con un buon fondo e che si snoda per una ventina di chilometri tra due altissimi dirupi costeggiando un torrentello.
Il paesaggio è di una straordinaria bellezza selvaggia.
Si potrebbe andare forte ma la strada è piena di “Biker”, quelli con quelle due ruote - troppo impegnativo chiamarle Moto – con forcelle e manubri improponibili che fanno un gran casino e non vanno avanti.
L’idea di trovarmene una praticamente ferma all’uscita di una curva è un potente deterrente alla rotazione del polso destro.
Tempo: allegretto.
Prendiamo la superstrada che conduce a Sulmona.
Il caldo aumenta e a Sulmona è praticamente insopportabile.
In prima battuta pensavamo di prendere la Tiburtina Valeria fino a Cappadocia e poi fare la vecchia Avezzano-Sora.
Accostiamo, ci guardiamo negli occhi e senza parlare svoltiamo per Pettorano e l’Altopiano delle Cinque Miglia.
Una larga superstrada con curve ampissime e fondo ottimo, apriamo la manetta incoraggiati dagli altri motociclisti che vanno su come schegge.
Se c’è un autovelox…stasera brinderanno a champagne.
Chissenefrega!
Tempo: vivace quasi presto.
A Rivisondoli altra sosta, rinfrescatina, ghiacciolo, pieno di benza e telefonatina ai congiunti che supponiamo in pensiero.
Scopriamo che tanto in pensiero poi non sono.
Meglio così.
Dalla piazzetta di Rivisondoli il panorama dell’Altopiano è un toccasana per l’anima.
Ci stravacchiamo e chiacchieriamo. La strada da Rivisondoli a Opi e quella che ho già descritta.
Andiamo giù tranquilli, meglio non forzare troppo la sorte.
Una pattuglia con quelle maledette macchinette può trasformare una piacevolissima gita domenicale in qualcosa da dimenticare.
Tempo: andante.
Da Opi si risale verso Forca d’Acero, fa fresco e praticamente non c’è traffico.
Mi accorgo che oggi non ho ancora tirato veramente il collo alla VFR, non posso chiudere la giornata senza farle dimostrare tutto il suo potenziale.
Apro il gas e vado su a vita persa, tiro tutte le marce fino agli 11500 e stacco al limite ad ogni curva…ci sto, non ci sto…ci sto sempre.
Tempo: presto…anche troppo.
Al passo c’è un banco che vende formaggi tipici, compriamo un quarto di forma di caprino (ottimo) e ci scoliamo una birretta.
Il caffè andiamo a berlo a San Donato Val di Comino, in piazzetta.
In pratica un quadrivio con tre bar nel giro di venti metri.
Chiacchieriamo ancora una mezz’oretta all’ombra dei platani, si sta bene e c’è movimento, non abbiamo fretta di rientrare.
Tornando verso Sora facciamo un’altra sosta al Lago di Posta Fibreno, stupendo con la luce radente del tramonto.
Si torna alla base stanchi e contenti.
Contento anche di aver trovato un amico che intende alla mia maniera il mototurismo.
Ci saranno delle prossime volte, sicuramente.
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