CHI SONO

Sono malato di moto.

Mi piacciono tutte ma preferisco quelle che hanno sacrificato qualche orpello originale o la conformità alle norme del codice della strada sull'altare dell'edonismo per l'esaltazione dell'ego del loro possessore. Moto mutilate? Non proprio.
Preferisco immaginarle, che Dio mi perdoni l'eresia, come le sculture che Michelangelo immaginava intrappolate nei blocchi di marmo. Moto liberate da quanto imposto dai diktat degli studi di marketing, dal politically correct, dalle normative ambientali, dalle regole imposte dai burocrati. Moto scostumate, irriverenti, esibizioniste, visionarie ma vere vive e pulsanti.
E senza fare distinzioni tra custom, bobber, streetfighter, racer replica ecc. ho voluto creare uno spazio virtuale in cui incontrarsi, confrontarsi, scambiarsi opinioni e sul quale proporre le proprie creazioni. Quache paludato bacchettone resterà inorridito ma ritengo che ogni prodotto dell'ingegno umano sia Cultura. Inviatemi le foto delle vostre creature e un commento sull'iter mentale e operativo che ha condotto all'evento.
Da me l'ingresso è libero.

Qualcosa su cafè sport



domenica 2 dicembre 2007

MOTO DA CORSA - GUZZILLA

La produzione di moto veramente sportive della Moto Guzzi, quando questa - insieme alle altre case italiane, MV Agusta esclusa - decise di abbandonare le competizioni, era limitata ai mezzi destinati alle corse.
Le punte di diamante erano due moto progettate da Giulio Cesare Carcano.
La stupefacente 500 “8 cilindri”, probabilmente una delle moto più complesse mai realizzate, e la 350 Bialbero, monocilindrica, semplicissima e terribilmente efficace.
Fino all’avvento delle bicilindriche a V di 90° trasversale la produzione si trascinò su modelli monocilindrici, semplici, affidabili ma certamente non all’altezza delle tradizioni sportive della Casa.
L’incontro del motore V7 con il telaio a doppia culla continua progettato da Tonti diede origine alla stirpe delle sport, dalla mitica Telaio Rosso alle Le Mans.
Per alcuni anni queste furono il riferimento assoluto per la concorrenza e conquistarono anche alcuni record mondiali tuttora detenuti.
Con lo smantellamento del Reparto Esperienze e l’avvento dei costruttori giapponesi le grosse bicilindriche finirono per essere relegate ad un ruolo di secondo piano amate ed ammirate da una ristretta cerchia di aficionados.
Male per la Guzzi ma bene per noi, quegli appassionati usarono quelle moto un po’ vecchiotte e dal gusto retrò come base per la costruzione di special stupende.
Un dentista americano noto come Dr. John, sostituì la distribuzione ad aste e bilancieri del modello di serie con una efficacissima distribuzione a doppio albero a camme in testa, quattro valvole per cilindro, comandata da cinghie dentate.
Si tolse così lo sfizio di tornare a bastonare giapponesi ed americani a Daytona.
La distribuzione ideata dal Dr. John fù adottata dalla Moto Guzzi e montata su un modello battezzato appunto “Daytona”.
Commercialmente questa fù un fiasco, interasse chilometrico, peso eccessivo e incertezze di erogazione ai regimi intermedi ( proprio quelli che avevano fatto la fortuna della serie V7 ) ne decretarono il pensionamento.
Per fortuna in ogni parte del mondo preparatori privati continuarono con successo a sviluppare il possente bicilindrico accoppiandolo a ciclistiche sopraffine creando dei modelli in grado di dire la loro nel BOTT, nel Classic Bears e nei campionati nazionali.
Herr Jens Hofmann, patron della Dynotec, appassionato da sempre dei bicilindrici di Mandello, ha sottoposto la Daytona ad una efficace cura dimagrante e tonificante.
Il risultato è la GUZZILLA, nome che, a dir la verità, non è un granchè.
Ci piace molto di più, invece, Il dinosauro con i pistoni sugli arti superiori.
A mandarci letteralmente in brodo di giuggiole è la moto.
Prendendo come base di partenza il telaio originale Daytona, Herr Hofmann ha sostituito il forcellone originale con uno in alluminio, sotto il codino, minimale, brilla l’oro di un mono Ohlins posto orizzontalmente.
Della stessa casa svedese è la forcella upside down con riporto al TIN, cerchi da 17” in lega della PVM – 3.50” e 5.75” rispettivamente l’anteriore e il posteriore – dischi da treeventi flottanti, sempre della PVM, con pinze a sei pistoncini davanti e dueeventi con pinza a due pistoncini dietro.
A raffreddare i bollenti spiriti dell’air cooled provvede un radiatore dell’olio Simantke con tecnologia mutuata dalla F1.
Il motore è stato potenziato mediante la installazione di gruppi termici, prodotti dalla stessa Dynotec, con pistoni da 100 di alesaggio e 82 di corsa – cilindrata totale 1288 cc.
Frizione rinforzata, valvole in carbonio da 40 e 30 mm., lucidatura manuale dei condotti, alberi a cammes specifici Dynotec, nuova centralina elettronica, condotti ram air in carbonio, iniezione elettronica con corpi farfallati da 58 mm hanno alla fine condotto ad una potenza di poco inferore ai 160 Cv.
Al di la dei dati numerici, peraltro di rilevanza assoluta, ciò che salta agli occhi è che la moto è bella.
Bella di una bellezza aggressiva, le sovrastrutture rigorosamente in carbonio, si raccordano elegantemente e si sovrappongono al possente motore creando un insieme armonico che non tradisce ma anzi esalta l’immagine di potenza e stabilità propria delle Guzzi.
Il gibboso cupolino - chissà perché ci viene in mente la CM 250 Sport di Mario Cavedagni – fa corpo unico con l’affilato serbatoio e si sposa alla perfezione con il forcellone a banana.
Non è solo una moto nata per correre ma anche un esemplare esercizio di stile.
Ci rimane solo un dubbio: ma…lo scarico a canne mozze dietro al basamento è un’idea originale di Herr Jens Hofmann o del Signor Giuseppe Ghezzi?

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